Rapper con licenza di fumo (hashish e marijuana) in nome dell’arte. Sarà pure vero che “la legge è uguale per tutti“, ma fintanto che non lo saranno anche chi la applica, la massima è destinata a restare mero slogan. Chiedere per conferma a Sofian Naich, in arte Kaprio, di fatto assolto dopo che in casa gli hanno trovato 2005 dosi singole di hashish e 678 di marijuana. Una perquisizione scattata a seguito del fermo per l’assalto delle vetrine del lusso del 26 ottobre a Torino in una manifestazione contro il Conte-bis.
Non solo consumatore, dunque, ma anche violento. Ma per il giudice che lo ha inopinatamente graziato Kaprio è soprattutto un artista. Si tratta di Sofian Naich, in arte Kaprio . Il magistrato ne è a tal punto convinto da aver teorizzato una sorta di nesso funzionale tra consumo di stupefacenti e arte. Se il poppante più succhia latte e più cresce, il rapper Kaprio più erba fuma e più diventa estroso. La droga come stimolo della creatività.
E quindi hashish e marijuana come ferri del mestiere. Non stupisce perciò che ne abbia disposto l’immediata liberazione dopo aver fatto finta di condannarlo a 10 mesi di reclusione accordandogli il doppio beneficio della sospensione condizionale e non menzione della condanna. Certo, il giudice ha della sua l’interpretazione della norma e sicuramente ha agito e deciso codice alla mano. Ma è altrettanto indubbio che le motivazioni a base della sentenza, più che indulgenti, appaiono lassiste.
Il rapper e la creatività artistica
A partire dal preteso nesso tra consumo di droga e arte, almeno di quelle leggere «ritenute idonee – scrive – a favorire la creatività artistica». Sulla scorta di tale assioma, il giudice ha dunque definito «plausibile» l’uso personale delle dosi trovate in casa di Kaprio. Tutt’al più, ha aggiunto, avrebbe potute destinarne una parte ad un «consumo di gruppo», presumibilmente altri talenti come lui bisognosi di titillare il proprio estro.
Nessuna ipotesi di spaccio, quindi. E le tante dosi trovate in casa? Semplice scorta, la classica provvista. Rapper sì, ma pronto a trasformarsi all’occorrenza in accorta massaia. E il giudice non manca di puntualizzarlo: «Lo ha fatto prima che con l’imminente lockdown diventasse più difficile procurarsela». Che dire? Un vero artista.