Incidente sul lavoro, Luana non è morta invano

Luana incidente sul lavoro

di Francesco Perretta – Primo maggio 2021. Facile dare lezioni, facile ergersi a maestro illuminato di diritti civili, soprattutto quando si ha a disposizione un palco pagato da mamma Rai. Facile auto-definirsi partigiani senza averne l’età, per canticchiare “bella ciao” senza aver mai combattuto o lavorato. Retorica scontata e stucchevole quella dei bamboccioni radical-chic tutti ipnotizzati dal conformismo ellegibbitti’ e da un odio viscerale verso “tutti i fascismi”, definizione alquanto fumosa, con la quale bollare tutto ciò che non è pensiero unico eco-progressista intriso di mondialismo illuminato.

Luana, 22 anni, madre, tuta blu e classe operaia, di sicuro non apparteneva alla classe dei bamboccioni, degli eterni studentelli mantenuti e tantomeno dei viziosi portocervini, gente che non ha mai toccato un arnese e divide il proprio tempo tra agi e banalità.
Luana aveva grande-piccolo sogno, quello di un grande amore e di una famiglia d’altri tempi. Lo so capisce dai suoi post.

Luana incidente sul lavoro

Luana ieri se n’è andata, vittima di un incidente sul lavoro

Un incidente sul lavoro, una tragedia incredibile e inaccettabile, qualcosa che non dovrebbe accadere e che invece è accaduta proprio a due passi da casa mia. Vorrei non parlare, tanto sono forti la rabbia e l’emozione. Vorrei tralasciare l’orrore di una tragedia così ingiusta. Ma devo parlarne, per restituire almeno un po’ di giustizia a Luana, per affermare che, almeno, non è morta invano.

Perché è giusto parlare di veri diritti e di lavoro, temi che non appartengono a nessuno e che sono patrimonio di tutti. Di lavoro, almeno il primo Maggio sarebbe opportuno parlarne, e qualche comizio, di quelli veri, di quelli appassionati, l’avrei voluto davvero sentire. Perché se c’è qualcuno da tutelare prima di gay, trans o vattelappesca ci sono le donne, le mamme e prima ancora le mamme che lavorano.

Luana ci ha lasciato un messaggio non scritto, essenziale nella sua semplicità, voce silente di chi non ha voce, voce potente nel silenzio e nelle troppe parole: serve il diritto alla serenità e al lavoro, al lavoro sicuro, al lavoro onesto e dignitoso, col quale crescere i propri figli e camminare a testa alta.

Nel mondo occidentale, dominato dal bengodi del capitalismo finanziario, delle apparenze televisive, dagli stili di vita goderecci, vuoti e irresponsabili, della digitalizzazione e dello smart-working, il lavoro delle mani, quello degli operai e degli artigiani è un tema emarginato e vilipeso.

Abbiamo delegato la nostra produzione industriale in oriente, e quel poco che resta da noi lo affidiamo sempre più alla “manodopera a buon mercato” d’importazione.

Nella mia città, Prato, ex modello comunista, nota per l’illegalità del distretto industriale parallelo, quello cinese, città nella quale furono trovati cinesi irregolari incatenati ai telai, e dove nel 2013 morirono carbonizzati in 7 nel rogo di una delle tante fabbriche-dormitorio, sono rimasti solo i Si-Cobas a presidiare panifici industriali e tintorie, imprese in mano spesso alla nuova borghesia di origine orientale, dove lavorano pachistani e cingalesi che dichiarano di avere turni da 12 ore al giorno e che, come nel caso Texprint, chiedono da mesi un normalissimo contratto 8X5. Sono loro la nuova frontiera del sotto-proletariato, gli ultimi, quelli di cui non si occupano neanche i sindacati “ufficiali”.

Se rimettessimo il lavoro e l’essere umano al centro dei nostri obiettivi politici e sociali forse saremmo in grado di evitare altri casi simili a quelli di Luana, e magari di donare la libertà e il sorriso a chi se lo merita.
Che Dio ti accolga nel suo immenso amore, Luana, e che faccia risplendere per sempre il tuo sorriso, un sorriso che vale più di mille bandiere al vento!

Francesco Perretta