Tecnologia e alimenti per abbattere l’inquinamento nel futuro

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“Noi siamo ciò che mangiamo” sosteneva il filosofo tedesco Feuerbache a metà del 1800. Il noto filosofo, infatti, sosteneva che la salute mentale e fisica dipendesse da ciò che si mangiava a tavola. Oggi questo concetto è diventato molto più ampio. Non si può più parlare solo di alimentazione e di nutrizione quando parliamo di alimenti, ma bisogna dare uno sguardo anche al fattore inquinamento.

Oggi la maggior parte degli alimenti che fanno parte della nostra alimentazione possono avere un impatto ambientale piuttosto importante. Per questo motivo il concetto di tecnologia degli alimenti ha assunto contorni sempre più importanti nel corso degli anni.

I dati sulla produzione alimentare

Secondo gli ultimi dati la produzione di carne e di altri cibi derivati dagli animali è dannosa per l’ambiente. Secondo la FAO gli allevamenti di bestiame sarebbero responsabili di circa il 20% dei gas serra emessi ogni anno nell’atmosfera, un dato in crescita rispetto a un paio d’anni fa e comunque sottostimato secondo molti analisti. Sempre secondo i report dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, che fa capo all’Onu, nel mondo ci sono quasi 1,5 miliardi di capi di bestiame e quasi 26 miliardi di polli e simili, che mangiano ognuno circa 15-20 chilogrammi di foraggio ogni giorno e vengono usati per produrre oltre 340 milioni di tonnellate di carne rossa e quasi 130 milioni di tonnellate di carne bianca ogni anno, con una decisa ed evidente impennata dagli anni ‘60 e poi ancora dagli ‘90.

A questi ritmi serve sempre più spazio ed in questi anni è stata raggiunta la metà esatta di Terra abitabile, destinata ormai all’agricoltura ed alle altre forme di allevamento. Sono, infatti, più o meno 51 milioni di chilometri quadrati, cioè 34 volte la superficie occupata da tutte le città del mondo tutte insieme. E questa terra non la coltiviamo per noi: il 77% serve per allevare animali e far crescere cibo con cui nutrirli.

Secondo gli esperti per produrre 1 chilogrammo di carne di agnello servono quasi 370 metri quadrati di terreno, che scendono a 326 per avere 1 kg di carne di manzo, a 88 per 1 kg di formaggio, a poco meno di 9 metri quadrati per l’equivalente in latte e così via.

Con questi dati secondo una recente analisi del World Resources Institute evitando il consumo di carne per un paio di giorni alla settimana o addirittura dimezzandolo si riesce a ridurre di oltre il 40% l’impatto ambientale della voce “alimentazione” della propria carbon footprint. È utile anche scegliere non solo prodotti locali, ma pure di stagione, per evitare sia la cosiddetta “agricoltura intensiva”, che consente di coltivare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, sia il trasporto dei prodotti da un capo all’altro del mondo.

Il futuro

Il futuro dell’alimentazione passa attraverso una serie di iniziative, non per forza grandi rivoluzioni, che possono essere molto utili per migliorare la condizione generale del nostro pianeta. Se riuscissimo, ad esempio, a contrastare la deforestazione attraverso un guadagno della superficie coltivabile aumentando nel contempo il rendimento dei terreni coltivati con mezzi a più alta tecnologia si riuscirebbe a garantire alimenti più sicuri e meno impattanti.

Altro aspetto riguarda le nuove soluzioni alternative alla tradizionale alimentazione. In un futuro non troppo lontano potremmo non dover rinunciare alla carne, producendola, quindi, in laboratorio. KFC aveva già annunciato qualche tempo fa di voler produrre l’amatissimo pollo, direttamente in laboratorio. Ma come si realizza della carne, senza passare per gli animali? La carne prodotta in laboratorio è detta anche carne coltivata o carne pulita, o anche carne sintetica, artificiale o in vitro, ed è un prodotto di carne animale che non è mai stato parte di un animale vivo. La carne prodotta in laboratorio può essere realizzata prelevando cellule muscolari e nutrendole con proteine che aiutano la crescita del tessuto. Una volta che il processo è iniziato, potenzialmente, è possibile continuare la produzione all’infinito, senza aggiungere nuove cellule da un organismo vivente.

D’altronde già nel 1995 c’è stata l’approvazione da parte della FDA alle nuove tecniche di produzione della carne in vitro. Nel corso degli anni sono stati raggiunti risultati piuttosto importanti. Il primo hamburger in vitro, creato da una squadra olandese della Maastricht University, è stato mangiato in conferenza stampa a Londra per una dimostrazione ad agosto 2013. Gli scienziati, per realizzare il suddetto hambuerger, hanno utilizzato le cellule staminali di una mucca, le hanno prelevate e fatte crescere fino a formare strisce muscolari, che hanno combinato per produrre un hamburger.