“L’informazione deve assumersi l’impegno e la responsabilità di rivolgersi all’opinione pubblica non solo per quello che racconta, ma come lo racconta”. Lo dice Franco Elisei, presidente dell’Ordine dei giornalisti delle Marche, che è intervenuto come rappresentante del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti alla presentazione, a Roma, del documento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza “L’inclusione e la partecipazione delle nuove generazioni di origine immigrata”.
“Non si può prescindere dalla percezione o convinzione che si crea nell’opinione pubblica nei confronti del fenomeno migratorio – il pensiero del giornalista – e in questo senso l’informazione può dare una mani fondamentale al processo di inclusione e partecipazione attraverso le Carte deontologiche (Carta di Treviso, Codice deontologico, Carta di Roma, Testo unico dei doveri)”.
Il decalogo del giornalista
Elisei ha offerto un decalogo che il giornalista dovrebbe adoperare nel trattare il fenomeno migratorio. Innanzitutto, “attenzione a linguaggi appropriati e all’uso di parole giuste per raccontare in modo corretto” le migrazioni. In secondo luogo, “evitare stereotipi, semplificazioni affrettate e luoghi comuni”:
“La paura della diversità – osserva – porta ad atteggiamenti razzisti, facendo crescere la percezione di minaccia e non di fenomeno sociale”. Un invito, poi, a dare “spazio alle storie” e, in particolare, “alle buone notizie, alle integrazioni già riuscite”. Si deve “informare usando la bussola della correttezza”, “evitare il sensazionalismo e la spettacolarizzazione”, fare “attenzione a un uso corretto delle immagini”, che hanno “un impatto ancora più forte delle parole, basti pensare alle immagini degli sbarchi dei migranti”.
Gli ultimi tre punti del decalogo riguardano “l’attenzione ai social, a informazioni ibridate e false”, “il rispetto della dignità delle persone”, “l’attenzione a vicende che riguardano i minori”, perché, conclude Elisei, “c’è diversità di trattamento delle notizie che riguardano i minori italiani e stranieri”.
Perché il giornalista dovrebbe dipingere in senso positivo l’immigrazione quando questa assume connotati negativi? Come dovrebbe dipingere le decine di reati e violenze provocati dagli immigrati clandestini (perché è questo il punto: “clandestini”, non solo “immigrati”), occultati ai cittadini? E perché mai il giornalista dovrebbe dare spazio alle integrazioni riuscite e non a quelle non riuscite? E’ un’incredibile ammissione di diffondere fake-news