L’europarlamentare della Lega Francesca Donato lascia Facebook, denunciando l’aspetto “illiberale e repressivo” del social network di Mark Zuckenberg, accusandolo di aver “messo sotto attacco l’informazione”. I motivi dell’addio sono contenuti in un lungo post: “Da settimane ormai la distribuzione dei miei post, così come quella di molti altri politici e influencer, è stata notevolmente limitata e, negli ultimi giorni, ridotta praticamente all’osso”.
Si tratta dell’ennesimo caso di denuncia di censura da parte di politici di centrodestra nei confronti dei social network e in particolare che Facebook che, come tutti ricorderanno, aveva bannato la pagina di Donald Trump quando ancora era Presidente degli Stati Uniti, ponendo questioni a metà tra il giuridico e l’etico: è giusto che un’azienda privata decida chi possa dire la propria e chi no? È corretto che si comporti come un editore, il quale, anche perché se ne assume la responsabilità, può vagliare che cosa rendere pubblico e che cosa invece no?
Negli scorsi giorni un caso molto discusso è stato quello de Il Primato Nazionale, giornale dichiaratamente sovranista che si è visto bloccare la pagina Facebook senza alcun preavviso ne’ motivazione. Poco dopo, anche in seguito alle proteste, il profilo è stato riattivato.
Francesca Donato intenzionata a dare battaglia a Zuckerberg
“Vista la situazione, ho deciso di interrompere l’uso di questo canale per la mia comunicazione e di denunciare il problema al Parlamento Europeo. I contenuti che ho pubblicato – spiega ancora l’esponente leghista – secondo i controllori del network, hanno ‘violato ripetutamente gli standard della community’, cioè dato elementi di riflessione di disturbo per la propaganda pervasiva in cui ci hanno immersi”.
In particolare tra i post contestati a Francesca Donato ce ne sono due dedicati al Covid, con interventi del biologo molecolare Enrico Galmozzi e del medico e ricercatore siciliano Bruno Cacopardo.
Secondo la europarlamentare della Lega un rappresentante dei cittadini regolarmente eletto non può sottostare a “censure ideologiche arbitrarie da nessun privato, soprattutto per ragioni squisitamente politiche, e una piattaforma social non può improvvisamente e inopinatamente cambiare le proprie politiche in maniera di penalizzare così fortemente la libera informazione, specie dopo che molti soggetti hanno investito per anni in quello strumento”. affaritaliani.it