di Aldo Grandi – Ormai è una persecuzione. E questa volta, paradossalmente, anche con l’aggravante. Intorno alle 17, oggi pomeriggio, due agenti della polizia municipale di Lucca – successivamente supportati da altri colleghi – hanno effettuato l’ennesimo blitz, il terzo, all’interno dell’ex caffè Tessieri, in via Santa Croce, dove, in quel momento, si trovavano cinque persone: due mamme, una bambina piccola e due ragazzi down.
Il nucleo familiare si era fermato nel locale di Filippo Giambastiani e la donna aveva domandato, se possibile, di poter utilizzare il bagno per i ragazzi e, poi, prendere qualcosa da mangiare poiché, visto il loro stato di salute, avevano chiesto insistentemente qualcosa di solido da buttare giù.
Dopo aver preso il cibo, i due ragazzi si sono seduti, con le altre persone, ai tavoli ed è stato lì che sono intervenuti i vigili urbani. Non c’è stato niente da fare, nonostante le implorazioni da parte degli avventori e dello stesso proprietario del bar. Implacabili, gli agenti non hanno voluto sentire ragioni, hanno chiesto i documenti a tutti, dopodiché hanno multato per 400 euro Giambastiani e disposto la chiusura per cinque giorni dell’esercizio pubblico.
“E’ assurdo – ci ha chiamato la donna – siamo entrati perché i ragazzi dovevano fare la pipì e volevano mangiare qualcosa. E’ vero, ci siamo seduti, ma non abbiamo fatto niente di male”.
“Sono allibito, amareggiato, incazzato – dice Filippo Giambastiani, 42 anni -. Non ce la faccio più, così non si può andare avanti. Li abbiamo pregati di fare un’eccezione vista la situazione e visti i due ragazzi down, ma non hanno voluto ascoltarci”.
Ma il prefetto, in questa città, esiste ancora? E, se c’è, a cosa serve?
“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale.. .” – Hannah Arendt (La banalità del male). Sempre attuale questa citazione della filosofa e storica tedesca che arrivò a concludere come l’incapacità di pensare sia l’origine di quella zona grigia in individui soggetti solo alla mera esecuzione di ordini impartiti. Sebbene in altri contesti epocali, oggi assistiamo a qualcosa di simile.