Il giornalista cattolico e saggista Maurizio Scandurra riflette sulla strumentalizzazione della pandemia.
Evidentemente, c’è a chi piace e a chi giova proseguire con questa cazzata chiamata Covid, almeno sino a tutto il 2023. Varianti presunte, vaccini ballerini e contrattualmente secretati, incertezza economica: sono queste le tre regole di un gioco sporco che sta spegnendo la vita, annullando l’economia, distruggendo dignità, libertà e democrazia.
Evidentemente, c’è qualcuno che trae profitto da tutto questo. E qualcun altro che invece muore in mezzo a un mare di rassegnazione. Quando tutto sarà finito non avremo più giostre, più circhi, più concerti, più hotel e ristoranti in cui trascorrere serate, weekend e vacanze.
Quando tutto sarà passato, resterà soltanto un mondo schiavo delle multinazionali farmaceutiche, digitali e tecnologiche. Quando tutto sarà finito, resteranno soltanto milioni di posti di lavoro irrimediabilmente perduti, disoccupati, famiglie sul lastrico, aziende e negozi chiusi. Quando tutto sarà finito, saremo schiavi di un’economia on line che azzera ogni contatto umano in nome di un banale click.
Dopo il Covid, avremo perso ogni autonomia, reddito, ricchezza
Vivremo “decrescita felice”. Vivremo di bonus, saremo servitori perfetti a libro paga dei ristori dello Stato, avremo perso ogni autonomia, reddito, ricchezza. Quando gli Italiani presto o tardi se ne renderanno conto, vivranno per la strada, costretti a spogliarsi anche di quei due soldi risparmiati da generazioni di famiglie provvidenti pronte a vendere anche il tetto sotto cui abitano pur di mangiare.
Quando tutto sarà passato, il nostro Presidente del Consiglio si chiamerà Povertà diffusa e dilagante, aumento dei suicidi, incremento di fenomeni depressivi e di microcriminalità in una lotta senza quartiere del tutti contro tutti in nome di un tozzo di pane.
Quando ormai tutto sarà riaperto, non ci saremo più noi, ma un branco di sconfitti che solo allora avranno compreso di aver perso la partita più importante: quella con il Futuro. E, ogni volta che ci penso, ringrazio di cuore il buon Dio di non avere un figlio.
Maurizio Scandurra