Immagini pedopornografiche dalla Siria, sei persone nel mirino degli inquirenti. Uomini con la tunica bianca e la barba lunga che violentano bambini, il più piccolo di 4 anni.
Pedopornografia: per sei persone, tutte residenti nella Marca, la Procura distrettuale di Trieste ha inviato le carte a Treviso e ora rischiano di finire indagati per avere fatto parte di una rete di pedofili che si scambiava via telefono foto di abusi su minori perpetrati in Siria.
E’ quanto venuto alla luce in seguito a un processo che vedeva indagato un senegalese, residente nel comune di Susegana, accusato di detenzione di materiale pedopornografico. L’uomo, un operaio di 45anni, ha patteggiato una pena di 7 mesi davanti al gup di Trieste e ora rischia di perdere il permesso di soggiorno nel nostro paese.
La vicenda risale alla primavera del 2019 e il fatto che gli investigatori abbiano scoperchiato quella che appare come una vera e propria rete di pedofili è stata puramente casuale. Il procedimento racconta infatti di quando l’uomo era stato presso un mobilificio del pordenonese dove aveva acquistato una cucina. Tra gli sms che scambia con la venditrice del negozio compare però una immagine indecente, inviata come allegato ad un sms, ritraente scene di sesso fra un adulto e un bambino molto piccolo.
Denuncia per pedopornografia
E scatta la denuncia. L’uomo viene accusato di detenzione di materiale pedopornografico. Gli vengono sequestrati sia il cellulare che pc di casa ma è nel telefonino che gli inquirenti trovano le tracce delle immagini, che il senegalese, accortosi di avere per errore effettuato un invio alla donna, aveva cancellato.
«Non sono stato io a mandare quella immagine – era stata la difesa del 45enne – il cellulare l’ho prestato una volta ad un immigrato che mi ha chiesto ospitalità. Era un mediorientale, gli ho dato il telefono perché doveva chiamare i suoi parenti». Ma di quella telefonata, diretta verso un paese arabo, non c’è traccia.
Emergono invece altri sei numeri verso i quali l’immigrato africano avrebbe mandato l’immagine delle violenze. Si tratta di altrettanti cittadini senegalesi, nessuno dei quali, al momento, avrebbe detto nulla o sporto denuncia per quell’invio di materiale vietato. Il particolare non è stato oggetto del procedimento contro l’uomo di Susegana, accusato solo di aver inviato, e quindi posseduto, la foto alla venditrice del mobilificio pordenonese. Ma il dettaglio non è sfuggito agli investigatori friulani, che hanno inviato il faldone di indagine ai magistrati trevigiani perché svolgano gli approfondimenti del caso.