di Matteo Castagna – Ci sono profonde ragioni di carattere razionale, logico, giuridico, medico, filosofico, culturale, etico, sociale per combattere l’aborto e la perniciosa semplificazione ideologica che lo difende. Unendo le forze nella buona battaglia è possibile far vincere la verità.
Il Consiglio regionale lombardo ha bocciato la proposta di legge di iniziativa popolare n.76 denominata “Aborto al Sicuro” promossa da esponenti del Partito Democratico e del Movimento Cinque Stelle. Con il supporto dell’Avv. Gianfranco Amato e grazie alla determinazione del Presidente della III Commissione Sanità dott. Emanuele Monti, il Consiglio regionale ha rispedito al mittente la proposta che mirava, di fatto, ad attaccare il diritto dei medici di esercitare l’obiezione di coscienza e a diffondere i mezzi contraccettivi a tappeto, anche mediante un impianto sottocutaneo (LARC) che potesse garantire la sterilizzazione.
Nel frattempo, il tribunale di S. Maria di Capua a Vetere ha stabilito che gli embrioni creati e crioconservati da una coppia, che nel frattempo si è separata potranno essere impiantati alla donna anche contro la volontà dell’ex partner. Si tratta del riconoscimento di un diritto assoluto della donna di utilizzare gli embrioni creati con il coniuge e poi surgelati. Peccato che, però, un bimbo non sia un “bastoncino findus” ma un essere umano, per quanto in crescita…e neppure una proprietà privata della donna, come vorrebbero vecchi slogan del femminismo militante. Sarà argomento che dovrà far discutere perché crea un precedente pericoloso evidente.
Ci si chiederà il motivo di tanto fermento bioetico, soprattutto nell’ultimo decennio. Possiamo dire che l’uomo contemporaneo soffre di alcuni mali che vengono chiamati beni dal mainstream dominante, a tutti i livelli e in tutti i consessi. Platone sosteneva che “estirpare solo gli effetti del male e non la causa è poca cosa”, soprattutto se il male è letale perché mette in discussione la sacralità e la dignità della Vita.
Si dirà, giustamente, che il male è in stato così avanzato, che è come una metastasi diffusa in tutto il corpo sociale. Se “nihil difficile volenti”, allora dobbiamo lavorare, prima fornendo degli antidolorifici, per arrivare alla cura. Il nichilismo filosofico, che vuole distruggere la conoscenza razionale umana (nichilismo gnoseologico), la morale naturale e divina oggettiva (nichilismo etico) e l’essere per partecipazione in quanto rimanda a Quello per essenza (nichilismo metafisico), tende a trasformare l’uomo in una larva o in una “pecora matta” dantesca, che galleggia sul nulla per esserne ben presto ingoiato.
L’oggi è caratterizzato da un grande vuoto di concetti, di principi, di valori, di ragionamenti e di retto discernimento, tanto che la Sovversione dell’ordine naturale, quindi divino, è il nuovo ordine mondiale. La cultura del nulla giunge a considerare la verità, il bene, il bello, l’identità, la tradizione, come mali o bugie da distruggere.
La nostra società rigetta santità ed eroismo, onore e fortezza, giustizia e temperanza, educazione e primato dell’essere per il suo Vitello d’Oro fatto di edonismo e benessere materiale, narcisismo, egoismo e vacuità, sciocchezze e vanità. L’uomo odierno è molle, apatico, privo di certezze e rifiuta la verità perché la teme. Tutto va nelle opinioni, nel dialogo e ciascuno dice la sua, tutti sono “tuttologi” ma in realtà sono solo estensori del nulla, nella totale indifferenza religiosa.
Il nichilismo è il virus per il quale esiste un vaccino gratis e dalle dosi infinite che rimangono in freezer a grandi quantità. Esso viene sublimato da S. Tommaso d’Aquino nella metafisica dell’essere come atto ultimo di ogni sostanza, elevando e correggendo (ove necessario) il concetto di “partecipazione” di Platone e quello di “essenza” di Aristotele.
Il vaccino della ragionevolezza dell’uomo, che è dotato di intelletto e volontà, porta a un Fine ultimo, il quale è il sommo Vero e Bene, da riscoprire, conoscere e, quindi amare. Pertanto, se l’uomo vuole stare bene nel corpo e nell’anima, deve curare entrambe e soprattutto l’anima, nelle sue facoltà nobili, che sono, appunto, l’intelletto e la volontà, come già insegnava mirabilmente il grande Seneca.
Matteo Castagna