Voto su Rousseau, il grillismo dice sì pure a Draghi

La farsa della votazione sulla piattaforma Rousseau si è conclusa come ampiamente previsto, ovvero con il via libera dei militanti grillini all’ingresso del Movimento nel governo di “alto profilo” che Mario Draghi si appresta a formare su richiesta del presidente Sergio Mattarella. Su oltre 74mila votanti la percentuale dei “sì” è stata pari al 59,3 per cento: abbastanza per far vincere la linea governista di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, ma non del tutto per cancellare i mal di pancia interni, ben rappresentati da Alessandro Di Battista.

Nel dettaglio i “sì” al governo Draghi sono stati 44.177, mentre i “no” 30.360: non c’è stata un’espressione netta come nelle due precedenti votazioni che si erano tenute in questa legislatura. La prima risale al 18 maggio 2018, quando 44.796 militanti hanno votato per dire sì al contratto di governo con la Lega, che ottenne il 94 per cento dei consensi; la seconda invece risale al 3 settembre 2019, quando 79.634 iscritti si espressero sull’alleanza tra Pd e M5s, propedeutica alla nascita del secondo governo presieduto da Giuseppe Conte (in quel caso i sì furono il 79 per cento).

Va sottolineato il fatto che il 59% di “sì” è il secondo risultato più risicato della storia delle votazioni del M5s: segno che stavolta la base militante non era in larga maggioranza schierata dalla parte del garante Grillo. A questo punto non è da escludere una possibile scissione nel Movimento tra governisti e non governisti, con quest’ultimi che strategicamente potrebbero rimanere all’opposizione a presidiare uno spazio elettorale che attualmente è occupato soltanto da Giorgia Meloni, intenzionata con Fdi a raccogliere il malcontento di chi avrebbe preferito votare piuttosto che veder nascere il governo Draghi.

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