Scandurra: “monopattini in città, nuovo tecnopolio delle lobby”

Il giornalista cattolico e saggista analizza e riflette sui retroscena di un fenomeno in continua espansione.  Di Antonella Di Fiore

Città invase da bike sharing, car sharing, auto elettriche con tanto di colonnina di ricarica. E, con loro, da un po’ di tempo, anche gli altrettanto diffusissimi monopattini.
“In principio fu Francesco Rutelli, che metà degli Anni Novanta, quando era Sindaco di Roma, sdoganò l’uso dello scooter urbano quale alternativa agile a una mobilità difficile per gli spostamenti in città”, esordisce Maurizio Scandurra, giornalista e saggista cattolico altresì esperto in mobilità urbana e aziendale.

“Contribuendo, per via della forte notorietà di cui allora godeva in anche in qualità di esponente politico nazionale, al rilancio delle vendite di un comparto che all’epoca pareva aver definitivamente ceduto il passo a una crescente motorizzazione veicolare automobilistica. Oggi sostituita dai più blasonati monopattini a batteria, prodromi figli di quel memorabile discorso al mondo pronunciato il 4 dicembre del 2018 da Greta Thunberg alla COP24, il celeberrimo Vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutosi a Katowice, in Polonia. La giovanissima studentessa divenuta virale sui social in quel contesto affermò convinta: ‘Ciò che speriamo di ottenere da questa conferenza è di comprendere che siamo di fronte a una minaccia esistenziale’”.

Che Scandurra intravvede e identifica invece “oltre alla ‘vexata quaestio’ ambientale, più in profondità con un tentativo in atto nel nostro Paese di una macro colonizzazione economica e sociale di un settore, quale quello della micrologistica personale urbana, sempre più attenzionato da potenti lobby finanziarie e di potere europee e americane mondialiste”, osserva Scandurra, spesso ospite di Francesco Vergovich a ‘Un giorno speciale’ sulle frequenze radiotelevisive di ‘Radio Radio’.

Per poi riprendere: “I monopattini liberamente dislocati sul suolo pubblico delle città italiane per via di accordi commerciali statuiti tra Comuni e partners privati appartengono tutti a cinque aziende estere, di cui tre made in Usa e due di matrice nordeuropea. Nate tutte tra la fine del 2017 e il dicembre del 2018, in perfetta e piena coincidenza con il risveglio ambientalista globale a opera della piccola attivista svedese. E’ il caso dell’americana ‘Helbiz’, con sede a New York, e delle californiane ‘Lime’, marchio di ‘Neutron Holdings Inc.’ con headquarter a San Francisco, e ‘Bird’, fondata a Santa Monica. Al Vecchio Continente appartengono infine la tedesca ‘Tier’ di’ Berlino e l’olandese ‘Dott’, di Amsterdam. In Italia, l’unico player nazionale del car sharing è ‘Eni Enjoy’, che deve vedersela duramente con l’estera ‘ShareNow’, brand in capo all’omonimo colosso tedesco nato dalla fusione tra ‘Car2Go’ e ‘DriveNow’: e questo la dice ben lunga sul tecnopolio in corso nello stivale”, analizza l’opinionista.

Perché, riflette in ultima analisi Scandurra, “si avvera così, al momento, l’intento di un certo ‘World Economic Forum’ pronto a dar vita a un mondo tecnocratico e tecnologico in mano ai massofinanzieri mondiali il cui motto è riassumibile nell’espressione “non possiedi nulla, ma sei felice”. Ove persino la proprietà privata dei beni, veicoli inclusi, è azzerata in nome di una pseudo-retorica della condivisione che gioca solo a favore delle élites multinazionali orientate a radere al suolo economia di produzione e PMI, del cybercontrollo degli spostamenti e abitudini diffuse e di consumo, e dei loro interessi di utile in spregio all’umanità”.