La scuola di ogni ordine e grado dovrebbe costituire un valore aggiunto per ogni Paese, un’occasione di crescita, di confronto, di acquisizione di un sapere non dogmatico. In 73 anni di storia repubblicana, invece, il mondo scolastico italiano é stato e lo é tutt’ora il terreno delle ideologie, della precarietá, di retribuzioni poco dignitose, di pessime riforme che hanno frammentato il sapere per trasformalo in competenze spesso sganciate l’una dall’altra.
L’emergenza sanitaria, causata dalla diffusione dell’agente virale Sars-Cov2, ha fatto emergere le criticitá di un sistema ingessato, burocratizzato, che si é pensato di tenere in piedi con la “didattica a distanza” (c.d. DAD). Eppure l’epoca dei “nativi digitali” sta portando, soprattutto per gli studenti della scuola secondaria di II grado, ad un incremento della dispersione scolastica, a non trascurabili problematiche di ordine psicologico e ad un preoccupante aumento delle difficoltá relazionali.
Abbiamo sostituito i volti con le caselle, spesso oscurate, delle piattaforme digitali. Uno spettacolo indecente, indecoroso, giocato sulla pelle dei nostri studenti, degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. Basterebbe solo questo, dopo un’estate di linee guida e di tavoli a rotelle e in assenza di un piano trasporti degno di questo nome, per chiedere le dimissioni immediate del Ministro dell’Istruzione e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Tuttavia, il quadro attuale non é il frutto del caso, ma di precise scelte politiche susseguitesi nel tempo. Negli ultimi 24 anni, infatti, è stato possibile toccare con mano le pesanti ripercussioni derivanti dalla tanto decantata “autonomia scolastica”, introdotta con la legge di delegazione n. 59/1997 (c.d. Bassanini I), e dall’applicazione di quelle “riforme” successive che non hanno sortito esiti apprezzabili in termini di apertura virtuosa delle scuole alle reali esigenze del territorio. La riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 ha, poi, aggravato ulteriormente la situazione, ponendo le premesse per quel “policentrismo” caotico nella governance scolastica: Stato, Regioni, enti locali territoriali etc…A questo si aggiunga che la formulazione a livello giuridico di una fantomatica “autonomia” non ha stimolato le singole realtá ad esercitare un ruolo incisivo e trainante, di intervento critico-costruttivo e di promozione culturale rispetto al contesto politico ed economico-sociale di riferimento.
Nel mondo dell’istruzione si é affermata, purtroppo, una riorganizzazione di natura privatistica-aziendale, basata sul principio di una sorta di libera concorrenza delle istituzioni scolastiche nel mercato dell’offerta formativa con un atteggiamento al contempo di ostilitá nei confronti degli istituti paritari che rappresentano un risparmio consistente per lo Stato e assicurano l’esistenza di un modello veramente “plurale” (parola della quale ci si riempe spesso la bocca). La vera sfida sará, allora, quella di una scuola dopo il Covid….sempre se ci sará un dopo…. che metta la parola fine all’anarchia imperante.
Prof. Daniele Trabucco (Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato e Dottrina dello Stato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/Centro Studi Superiore INDEF. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico).