Bruxelles – Paolo Gentiloni non ne fa una questione partitica. Lui, commissario europeo per l’Economia e pur sempre uomo di partito, è più di chiunque altro invischiato nella crisi che l’Italia e il governo Conte stanno attraversando. Ma parla a nome dell’Europa, della Commissione europea per cui lavora e che in questo momento rappresenta, e a nome di tutti i partecipanti al primo Eurogruppo del 2021. “Ci fa molto piacere avere interlocutori stabili“, dice al termine dei lavori, a cui hanno partecipato proprio tutti.
L’Eurogruppo, dopo la prima sessione di lavori, ha visto l’inclusione degli altri otto senza moneta unica per discutere delle nuove relazioni con gli Stati Uniti. Gentiloni dunque porta all’attenzione i timori di tutti i partner europei. Il commissario per l’Economia ricorda non a caso come a livello europeo tutti i governi si sono “impegnati a far sì che non vi sia una ripresa a più velocità”. Se l’Italia rimane indietro, ne risentirà tutta l’eurozona, col rischio che ne diventi la zavorra.
Ecco allora che per tutti alla parola chiave “responsabilità” si aggiunge quella di “stabilità”. Che sia ancora Giuseppe Conte o meno, che sia una coalizione diversa da quella in piedi fino a pochi giorni fa, “siamo pronti a negoziare a lavorare e negoziare con la maggioranza che il Parlamento italiano indicherà”, taglia corto Gentiloni. Certo, non è un mistero che attorno al tavolo lo scenario di altri interlocutori preoccupa più di qualcuno, ma in questo momento si chiede all’Italia di avere istituzioni funzionanti in grado di fare quello che si rende necessario.
“Abbiamo bisogno di progressi anche con la ratifica da parte degli Stati membri della decisione sulle risorse proprie“, incalza ancora il commissario per l’Economia. “Questo è il prerequisito perché la Commissione possa iniziare a recarsi sui mercati per raccogliere le risorse” del recovery fund. A proposito, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è accolto da documenti preparatori in cui si ricorda che piani nazionali per la ripresa “dovrebbero essere coerenti con le pertinenti sfide e priorità specifiche per Paese individuate nel contesto del semestre europeo”, il processo di coordinamento delle politiche economiche. E’ nell’ambito di questo esercizio che all’Italia sono state chieste, una volta di più, politiche di bilancio strutturali per conti in ordine, riforma del mercato del lavoro, creazione di un ambiente più favorevole per le imprese, e rilancio della produttività.
Servono queste riforme, perché altrimenti non si potrà accedere ai soldi messi a disposizione dall’UE. Ci sono 65,5 miliardi di euro in sovvenzione, che non necessitano restituzione, ma che vanno spesi subito. Il 70% di queste risorse va impegnato per spese da effettuare quest’anno e il prossimo, e le rimanenti risorse nel 2023. Una simile programmazione non può permettersi uno scioglimento delle Camere.
Più in generale, “serve il giusto mix di misure di riduzione degli squilibri di finanza pubblica e misure di stimolo”, ricorda il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe. Non certo un compito semplice, che richiede un tessuto politico perfettamente funzionante. L’Italia deve uscire dalla crisi senza passare per il voto anticipato. L’Europa non sa più come dirlo.
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