Covid, a gennaio 2020 la Cina già lavorava al vaccino

Maurizio Tortorella per “La Verità – Il rapporto sul Covid-19 e sulle responsabilità della Cina, che l’amministrazione americana ha divulgato attraverso le parole del segretario di Stato Mike Pompeo nella notte tra venerdì e sabato, attacca Pechino e colpisce nel vivo. Perché è evidente che sul Covid-19 il governo cinese mente. Per averne la conferma, basta mettere a confronto tre date.

La prima è il 31 dicembre 2019, il giorno in cui la Cina denuncia all’Organizzazione mondiale della sanità che a Wuhan è in atto «un’epidemia di una nuova forma di polmonite virale». Da quel giorno, l’Oms attende oltre due mesi per proclamare al mondo che è scoppiata la pandemia di un virus che sarà definito il Covid-19: l’annuncio risale all’11 marzo 2020, quando il capo dell’Oms, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, rivela che il virus sta esplodendo: «Ci sono 118.000 casi in 114 Paesi», dichiara, «e 4.291 persone hanno perso la vita».

Per la terza data, invece, bisogna tornare indietro di un poco, al 28 gennaio 2020. È quello il giorno in cui la Sinovac, colosso farmaceutico di Pechino, avvia le ricerche per produrre il CoronaVac, il vaccino contro il virus che Pechino oggi presenta come l’arma finale contro il contagio. Vi sembra impossibile? Avete ragione.

Se la Cina denuncia il Covid-19 a fine dicembre, e se il mondo viene informato della pericolosità del contagio solo ai primi di marzo, com’è possibile che la Sinovac abbia già iniziato a lavorare al vaccino contro il virus? Come si spiega che il 28 gennaio, mentre la diffusione del Covid è ancora ai primi passi, in Cina ci sia chi sta già elaborando la ricetta per neutralizzarlo? Eppure è così.

La Verità ne ha scoperto autorevoli conferme online: il sito americano Biotech, che dal 1985 registra tutte le principali novità dell’industria farmaceutica, in una pagina pubblicata lo scorso 7 dicembre scrive che «Sinovac Biotech Ltd ha iniziato lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19 (denominato CoronaVac) il 28 gennaio 2020».

Il sito indiano Healtworld è ancora più accurato, e in una pagina datata 7 luglio spiega che «Sinovac Life Sciences Co, società controllata dalla Sinovac Biotech Ltd, ha iniziato lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19 in Brasile il 28 gennaio 2020».

L’incrocio delle tre date conferma con forza la dirompente validità delle accuse presentate dal governo statunitense, di cui ieri in Italia soltanto La Verità ha dato notizia, nel sorprendente silenzio di quotidiani e telegiornali. L’incrocio delle tre date dimostra infatti che il regime di Xi Jinping era pienamente consapevole della contagiosità del Covid molto tempo prima delle prime segnalazioni ufficiali. Insomma, ne ha nascosto per mesi la pericolosità al mondo. Volontariamente.

Su questo punto, più volte è stata coinvolta nelle critiche la lentezza di reazione dell’Oms, sul cui direttore Ghebreyesus grava l’accusa di un’eccessiva vicinanza al regime cinese. Una prova se ne ha proprio il 28 gennaio di un anno fa, decisamente un giorno cruciale per il Covid. Proprio quel misterioso martedì, infatti, mentre la Sinovac avvia i suoi precocissimi studi sul virus, Ghebreyesus, è a Pechino, dove incontra a tu per tu il presidente Xi. Al termine del vertice, il direttore dell’Oms fa un discorsetto per elogiare pubblicamente «la serietà con cui il governo cinese sta prendendo questa epidemia, e in particolare l’impegno dei vertici e la trasparenza che hanno dimostrato». Aggiunge che l’Oms «sta lavorando a stretto contatto con il governo sulle misure per contenere il virus».

Un anno più tardi, con un ritardo ancora una volta clamoroso, una delegazione dell’Oms è atterrata a Wuhan, dove finalmente dovrebbe indagare sulle origini di una pandemia che nel frattempo ha ucciso due milioni di persone e massacrato l’economia globale, con la sconcertante eccezione di quella cinese.

Agli esperti dell’Oms, però, non è stata data alcuna libertà di movimento ed è stato vietato l’accesso all’opacissimo laboratorio del Wuhan institute of virology, dove il rapporto americano sospetta tutto sia iniziato, forse per un errore umano o forse per qualcosa di molto peggio. Il rapporto ipotizza infatti che a Wuhan si conducessero studi su nuove armi biologiche e denuncia che il laboratorio era «impegnato in ricerche per l’esercito cinese, compresi gli esperimenti sugli animali».

In Coronavirus made in China (Rubettino editore), Antonio Selvatici conferma che nel gennaio 2020 il laboratorio è stato commissariato da un team di soldati-scienziati guidati dal generale Chen Wei, una virologa a capo dell’Accademia delle scienze mediche militari. Global Times, organo del Partito comunista cinese, annota che Chen era arrivata a Wuhan il 26 gennaio. Poi ha cominciato a lavorare al vaccino.