Caso Danilo Quinto, la sentenza d’Appello per “servo sciocco”

di Danilo Quinto – – Pubblico, senza commenti, la sentenza d’appello emessa dalla Corte d’Appello di Roma – che ho potuto leggere prima di Natale – a seguito della denuncia presentata dai radicali per le parole “servo sciocco”, scritte in corsivo nel mio primo libro, “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”, del 2012. La sentenza modifica parzialmente quella di primo grado ed accoglie parzialmente l’appello; mi condanna alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese di rappresentanza e assistenza relative a questo giudizio, che liquida complessivamente in euro 1.560,00, oltre accessori di legge (che si aggiungono a quelle del primo grado di giudizio).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza de1 4 febbraio 2019, il Tribunale di Roma condannava Quinto Pasquale alla pena di mesi sei di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, per i reato di cui agli artt. 595, c.3° c.p.. commesso nel luglio 2012. A tale determinazione perveniva previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, equivalenti alla contestata recidiva. Concedeva il beneficio della sospensione condizionale della pena. Condannava l’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, Turco Maurizio, da liquidarsi in separato giudizio, ed alla rifusione, in favore della citata parte civile, delle spese di costituzione e difesa, liquidate in complessivi euro 2.000,00, oltre accessori. La sentenza ricostruiva i fatti. L’odierno imputato era chiamato a rispondere del reato suindicato, nella sua qualità di autore del libro ‘Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”, pubblicato dalla casa editrice “Fede&Cultura” nel luglio 2012, nel quale Maurizio Turco, rappresentante ero tempore del Partito Radicale, veniva definito “il servo sciocco di Pannella … acefalo, incapace di prendere qualsiasi decisione senza previo consenso del suo padre-padrone … Tanto devoto che si affidò a Pannella per dirimere le questioni con sua moglie … e per decidere la relativa separazione”. L’odierno procedimento prende le mosse dalla querela presentata in data 19 novembre 2012 dal Turco, il quale si è costituito parte civile. La sentenza premetteva che il Turco aveva riferito che nella sua qualità, nell’anno 2005, aveva sporto querela per appropriazione indebita aggravata contro il Quinto che era stato tesoriere del partito radicale dal 1995 al 2005. Il Quinto era stato condannato con sentenza definitiva nell’anno 2011. Per ciò che concerne il libro, il Turco dichiarava di averne acquistato una copia il 18 settembre 2012 e che leggendolo vi aveva scorto diversi brani che avevano un contenuto lesivo della propria persona. Quanto alle vicende relative al suo matrimonio, negava che i fatti fossero veri e anzi riteneva che gli stessi integrassero una illegittima divulgazione di notizie afferenti la propria sfera privata prive di alcun rilievo rispetto al ruolo c alla funzione pubblica da lui esercitata. Il Turco adombrava la possibilità che il Quinto nel momento in cui lo aveva descritto come acefalo, incapace di prendere alcuna decisione senza il consenso del suo padre-padrone, fosse stato animato da un intento ritorsivo, a seguito della iniziativa giudiziaria da egli presa. Il giudice riteneva che le espressioni utilizzate dal Quinto fossero lesive della reputazione e della onorabilità della parte civile e non potessero rientrare nell’ambito del diritto di critica in quanto, senza che fossero pertinenti e contestualizzate, le affermazioni dell’imputato erano intenzionalmente dirette a descrivere il Turco come persona priva di auto determinazione completamente asservita al suo padre-padrone tanto da rimettere a lui anche le decisioni relative alla sua separazione dalla moglie. Significativo era che l’espressione “servo sciocco” di per sè denigratoria e offensiva era stata indirizzata solo a1 Turco e non anche ad altri membri del partito radicale. Irrilevanti e ridondanti erano ritenute, alla luce dcl senso letterale e del significato sociale del termine “servo”, le deposizioni dei testi della difesa che avevano ricordato l’atteggiamento dispotico di Pannella al vertice dcl Partito Radicale idoneo a far ritenere tutti “servi” di un unico padrone. Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore dell’imputato. Dopo aver premesso che il libro era stato stampato nel giugno 2012, in quanto di luglio era solo la ristampa, deduceva che Pannella era storicamente ìl padre-padrone del partito Radicale, come era stato definito più volte, e in questo senso la dirigenza del partito e non solo il Turco, era definita acefala, in quanto a lui asservita . Ciò che il Quinto aveva contestato era un metodo di lavoro, un atteggiamento tenuto dal leader del movimento, confermato da tutti i testi della difesa esaminati e, tanto premesso, la sua doveva ritenersi una critica politica, sia pure aspra. Quanto alla parte del libro relativa alla crisi coniugale del Turco e all’intervento di Pannella se ne contestava ogni valenza offensiva . Con riferimento alla frase “servo sciocco” sottolineava l’appellante come tutti i testi avessero confermato che i dirigenti del partito erano “asserviti” a Pannella, come lo stesso Quinto si fosse definito “servo” e come l’epiteto “sciocco” non potesse ritenersi particolarmente offensivo. Chiedeva quindi l’assoluzione dell’imputato e in subordine, evidenziando quanto fosse sproporzionata la sanzione detentiva inflitta, l’applicazione della sola multa.

MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello in punto di responsabilità dell’imputato è infondato e non merita accoglimento. Non può sussistere alcun dubbio sulla idoneità delle affermazioni contenute nel libro scritto dall’imputato e relative a Turco Maurizio a ledere la reputazione del predetto. La questione è già stata affrontata dal primo giudice che, con condivisibili cd esaurienti motivazioni – da ritenersi integralmente riprodotte in questa sede – ha ampiamente elencato le ragioni a sostegno di tale affermazione. Sul punto basta ricordare che secondo giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in tema di integrazione delle motivazioni tra le conformi sentenze di primo grado e secondo grado, se l’appellante si limita alla riproposizione di questioni di fatto o di diritto già adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure prospetta critiche generiche, superflue o palesemente infondate, il giudice dell’impugnazione ben può motivare per relazione (Cass. sez. VI sent. 28411 del 13 novembre 2012). A sostegno delle argomentazioni del primo giudice, è solo sufficiente sottolineare che, se pure può essere un fatto notorio, confermato attraverso l’istruttoria dibattimentale, che l’on. Pannello avesse all’interno dcl suo partito un ruolo da “padre-padrone” di tal che i dirigenti del partito in questione fossero a lui “asserviti”, l’accostamento dell’epiteto “servo” all’aggettivo “sciocco”, uti1izzato solo con riferimento alla persona della parte civile, e non in generale, come l’aggettivo “acefalo”, con riferimento all’intera dirigenza, appare avere un chiaro intento denigratorio. Infatti, il Turco è stato ritenuto non solo “servo”, appellativo riportato anche nel titolo del libro e riferito allo stesso autore, ma, altresì, e senza alcuna motivazione, “sciocco”, aggettivo che è sinonimo di stupido, scemo, tonto, stolto, e per avvalorare tale opinione lo scrittore ha riportato una vicenda personale del predetto (non si sa neppure se veritiera o meno) obiettivamente priva di alcun interesse per il lettore, al fine evidente di sottolineare la scarsa capacità di autodeterminazione e dunque, anche, la poca sensatezza del Turco come uomo e non come leader politico, incapace di decidere autonomamente persino se separarsi o meno dalla propria moglie. L’insieme di tali affermazioni, poste in sequenza tra loro, è senza alcun dubbio lesivo della reputazione dello stesso. La lesione del diritto alla reputazione del querelante non può, come sostiene l’appellante, ritenersi discriminata da esigenze connesse ad un imprescindibile diritto di critica. E’ appena il caso di ricordare che “in tema di diffamazione a mezzo stampa, la sussistenza dell’esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività possa tuttavia trovare giustificazione nella sussistenza del diritto di critica, a condizione che l’offesa non si traduca in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo ma sia “contenuta” (requisito della continenza) nell’ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, fermo restando che, entro tali limiti, la critica siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell’agente, può anche essere pretestuosa ed ingiustificata, oltre che caratterizzata da forte asprezza” (Cass. sez 5 sent. 3047/10). Nel caso specifico, al fine di criticare il metodo politico del1’on. Pannella, l’imputato ha finito per sferrare un gratuito attacco personale alla parte lesa utilizzando un linguaggio che travalica i limiti della continenza e rappresentando fatti attinenti alla sua sfera privata di alcun interesse pubblico. Ritiene, però, la Corte di dover accogliere ìl secondo motivo di appello. Invero, l’epiteto “sciocco”, se pure offensivo nel contesto e per le ragioni specificate, non appare meritevole di una sanzione così severa così come quella irrogata dal giudice del primo grado, soprattutto considerato il gergo, ben più pesante e aggressivo, solitamente usato nel mondo politico. Tenuto conto del fatto che il reato in questione è punito con pena alternativa, pena equa alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p. appare quella di 600,00 euro di multa. I.a sentenza deve essere confermata nel resto. La Corte, ad integrazione del dispositivo sopra redatto e di quello letto in udienza, rilevato che per mero errore materiale nulla ò stato disposto in ordine alle spese sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio; considerato che la conferma dell’affermazione di responsabilità del prevenuto comporta che lo stesso debba rifondere alla parte civile costituita dette spese

CONDANNA QUINTO PASQUALE

alla rifusione, in favore della parte civile costituita, TURCO MAURIZIO, delle spese di rappresentanza e assistenza relative al presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in euro 1.560,00, oltre accessori di legge.