Chiedeva diritto a patente di guida, attivista saudita condannata a 5 anni e 8 mesi

Venne arrestata nel 2018 perchè chiedeva che alle donne fosse concesso il diritto di avere una patente di guida, ma ora dopo due anni di carcere Loujain al-Hathloul, attivista saudita di 31 anni, è stata condannata da un tribunale di Riad specializzato per reati di terrorismo a 5 anni e otto mesi di carcere. Lo riferiscono i media sauditi.

Per i giudici l’attivista, per la cui liberazione si sono mobilitate molte ong internazionali, “ha tentato di realizzare un’agenda straniera per sovvertire il potere fondamentale” del regno. Tuttavia, nonostante la durezza della sentenza, Hathoul dovrebbe lasciare il carcere il prossimo mese di marzo. E questo perchè la Corte, oltre ad avere conteggiato il periodo di detenzione già scontato, ha ordinato una sospensione della pena per un periodo di due anni e 10 mesi. Essendo in detenzione dal maggio 2018, la 31enne ha già scontato 34 mesi che sommati ai 31 mesi di sospensione della pena fanno un totale di 65 mesi. E visto che la sentenza è di 68 mesi complessivi, l’attivista dovrebbe lasciare il carcere il prossimo marzo, come calcolano sui social attivisti sauditi per i diritti umani.

Da settimane Loujan è in sciopero della fame per protestare contro le sue condizioni in carcere, secondo quanto ha scritto la sorella Lina.Hashloul, in prima fila nella lotta dell’universo rosa per il diritto alla guida nel regno wahhabita, era stata arrestata assieme a una decina di altre attiviste nel maggio 2018, appena poche settimane prima che al gentil sesso saudita venisse concessa la storica autorizzazione ad avere una patente di guida. Da allora molte delle amiche arrestate sono state messe in libertà vigilata, ma non lei che a ottobre ha iniziato a rifiutare il cibo, denunciando le restrizioni e gli abusi di cui è vittima in cella e l’impossibilità di ricevere le visite dei suoi familiari.

Secondo quanto denunciano i parenti, al Hathoul, per tre mesi dopo l’arresto è stata in regime di isolamento, subendo in carcere elettroshock, frustate e abusi a sfondo sessuale. I suoi aguzzini le avrebbero offerto la possibilità di uscire di prigione, nel caso in cui avesse dichiarato di non aver subito torture in cella. Il governo saudita respinge le accuse, negando in particolare le torture. Fra i capi di imputazione ascritti in fase di processo vi è l’aver chiesto la fine dell’esercizio di “patria potesta” dei maschi sulle loro donne, siano esse mogli, sorelle o figlie; e l’aver contattato organizzazioni internazionali e diplomatici Onu e stranieri

Il caso di questa donna ha scosso le coscienze di molte persone nel mondo. Il Comitato Onu per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne (Cedaw), composto da 23 esperti indipendenti da tutto il mondo, ha espresso in una nota “grande preoccupazione per le condizioni di salute e il benessere fisico e mentale di Hathloul”. Il comitato si è appellato direttamente al sovrano Salman bin Abdulaziz perché utilizzi i suoi poteri per garantire il rilascio di Loujain al-Hathloul. ASKANEWS