Mamma denuncia violenze sul corpo della figlia in comunità della coop Serinper

Avv. Francesco Miraglia – LIVORNO (17 Dicembre 2020). Lividi e graffi profondi sul corpo di una bambina di due anni: su di lei manovre di contenimento violente per farla smettere di piangere e l’obbligo a fare la doccia fredda perché manca l’acqua calda. La piccola è ospite, insieme al fratellino, di una delle comunità toscane gestite dalla cooperativa Serinper e a denunciare tutto ai carabinieri è la mamma, che da tempo chiede giustizia per i suoi due figli, che le sono stati strappati in tenerissima età e sono stati dichiarati adottabili sulla base di relazioni e accuse campate per aria.

La donna aveva già avuto modo di denunciare i comportamenti scorretti commessi dagli operatori della comunità, che avevano detto alla bimba che i suoi genitori (pur vivi e vegeti) erano “in cielo” e avevano addirittura cambiato il nome al fratellino, sostituendo quello arabo che i genitori avevano scelto per lui con uno italiano. Una sorta di lavaggio del cervello per eliminare loro ricordi e identità e per prepararli alla vita con una nuova famiglia. Incuranti del fatto che la loro famiglia di origine ha risolto i suoi problemi iniziali e li rivuole con sé.

La comunità in cui questi bambini hanno praticamente sempre vissuto è una di quelle gestite dalla cooperativa Serinper di Massa Carrara, i cui vertici sono finiti agli arresti domiciliari per corruzione: indagati, all’interno della “Operazione Accoglienza”, anche un sindaco, funzionari pubblici e un ex giudice onorario del Tribunale dei minori.

«Questa triste vicenda rappresenta un altro spaccato della realtà della giustizia minorile in Italia» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, al quale questa famiglia si è rivolta. «Alla luce dell’inchiesta, mi pongo un legittimo interrogativo: tutte le dichiarazioni di abbandoni emanate sulla base delle relazioni stilate da queste comunità che fine faranno? Chiediamo pubblicamente che tutti i fascicoli decisi tenendo conto delle relazioni provenienti da queste comunità vengano rivisti. Immaginiamo che, come nel caso della famiglia che si è rivolta a me, anche per altri genitori le relazioni redatte dagli operatori delle comunità hanno contribuito all’emanazione di relazioni negative da parte dei Servizi sociali, sulle quali sono state poi assunte decisioni gravi sulla pelle dei loro bambini, come la dichiarazione ingiustificata del loro stato di adottabilità. Qualcuno intervenga immediatamente a fare chiarezza».

Avv. Francesco Miraglia