Povertà, code anche a Genova per ricevere buoni spesa

Alle 11 di stamane, sotto una pioggia leggera, sono almeno 40 le persone in fila, ordinate e distanziate, davanti all’ingresso del municipio Bassa Valbisagno, una delle aree di Genova con maggior richiesta di buoni spesa per famiglie in difficoltà a causa dell’emergenza Covid, insieme a Municipi Centro Est, Ponente e Valpolcevera.

Una piccola boccata d’ossigeno in vista delle festività, possibile grazie alle risorse messe a disposizione del governo e che consentiranno alle famiglie di vivere un Natale con qualcosa sulla tavola. Oggi è partita la distribuzione nei 9 municipi genovesi: quelli in cui si prevede maggior afflusso hanno due point di consegna. Così succede in Bassa Valbisagno, dove i buoni da 100 euro vengono distribuiti nel palazzo del Municipio, ma anche alla Biblioteca Podestà.

A controllare che tutto si svolga senza disordini, due agenti della polizia municipale. Le domande presentate dai genovesi in dieci giorni sono state 19.683 – ha fatto sapere il Comune – di queste si riuscirà a soddisfarne, con le risorse attualmente disponibili, 9.504, a cui se ne aggiungono 715 attualmente sospese per chi è in attesa dell’attestazione Isee.

Servono dunque risorse per ulteriori 7.618 domande, più 1.838 in attesa dell’Isee. Solo nel Municipio Bassa Valbisagno, il secondo più popoloso di Genova con i suoi quasi 80 mila abitanti, consegnerà 1.245 buoni in questa prima fase.

“La gente è esasperata, fa fatica non solo ad arrivare a fine mese, ma a mangiare – dice all’AGI il presidente del Municipio, Massimo Ferrante – Motivo per cui sto lavorando all’apertura di un secondo social market. Se facessimo una giornata di distribuzione del pacco alimentare, avremmo le file. E queste file non sono stranieri o indigenti noti ai circuiti della solidarietà: sono persone comuni che magari, fino allo scorso anno, andavano in vacanza una volta l’anno, o al ristorante, a mangiare una pizza”.

Per Ferrante, considerato da tutti come una specie di “presidente tuttofare”, “il disagio è enorme. Con la pandemia, sommata alla crisi economica che già c’era, è completamente saltato il welfare”. La “novità” che emerge è anche il gran numero di giovani in coda per ricevere i buoni spesa, molti sono genitori di famiglie numerose: la consegna avviene previa valutazione Isee, tassativamente sotto o uguale a 20 mila euro, e che si trovano in difficoltà come conseguenza dell’emergenza sanitaria in atto che ha causato loro una perdita economica.

In coda ci sono soprattutto cittadini italiani, molti con partite Iva. “A chiedere aiuto sono tante madri single” dice Ferrante. E sono molte quelle che hanno chiesto aiuto direttamente al presidente di Municipio per compilare le richieste dei buoni spesa, o di compilare la delega perché – impegnate al lavoro – non possono andare a ritirarli. Cosa che il presidente continua a fare anche durante la nostra intervista.

Un disagio crescente, dunque, che il presidente prova – con gli strumenti che ha a disposizione – ad arginare: “Alla fine della scorsa estate ho incontrato una signora anziana che a malapena poteva muoversi – racconta – aveva paura di pagare la bolletta, perché se lo avesse fatto, non avrebbe mangiato. E si vergognava: non voleva nemmeno dirlo al figlio che vive lontano da Genova. Ho trovato il modo di farle arrivare gli alimenti dal social market”.

Le persone in coda sono silenziose e composte: ci sono molte donne, solo due anziani, tantissimi quarantenni. Nessuno ha voglia di raccontare la propria situazione, il disagio di dover chiedere aiuto, in coda, sotto la pioggia di un giorno freddo di dicembre.

Aspettano pazientemente il proprio turno, l’orario dell’appuntamento fissato dall’amministrazione e comunicato loro nei giorni scorsi: “Sono persone che il disagio economico non lo conoscevano – commenta Ferrante, andando a controllare la fila davanti al palazzo del Municipio che si allunga nei giardinetti dove fino allo scorso anno, intorno all’ora di pranzo, giocavano decine di bambini e che ora sembra un silenzioso monumento alla passata felicità – Queste persone si vergognano, ma hanno grande dignità. Vogliono capire come arginare il disagio, senza urlarlo. La paura però – conclude Ferrante – è che questo scateni tensione sociale”.

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