La riforma del MES non è altro che la Troika
Giuseppe Liturri, Musso, Fabio Dragoni e Sebastien Cochard – video di libertàdipensiero mdn
La riforma del MES è progettata per precipitare un default dall’Italia – e dalla Francia – e per dare il controllo delle finanze pubbliche italiane e francese al MES riformato, che sostituirà la Troika.
L’ex ministro delle finanze tedesco, Schäuble, crede che non si può fidarsi ai governi per applicare le politiche fiscali più rigorose che lui considera necessarie. Crede anche che la pressione da parte di altri governi o della Commissione europea non può esercitare alcun controllo fiscale effettivo sui singoli Stati.
Schäuble ritiene che solo l’aggravarsi della pressione dei mercati finanziari potrebbe mettere un governo sulla giusta strada della responsabilità fiscale. Questo è il motivo per cui, ad esempio, la Germania spinge per una modifica normativa del trattamento prudenziale dei titoli di Stato detenuti dalle banche, attualmente a rischio zero, e che vuole vincolato ai credit ratings, per creare un ricatto sullo Stato alla bancarotta delle banche.
L’idea è la stessa con la riforma del MES, che include la riforma dei CAC. In caso di incertezze sulla stabilità fiscale di uno Stato membro, l’esistenza dei CAC semplificati, cosiddetti single limb, facilita una ristrutturazione obbligazionaria che include un “hair cut”, una perdita sul valore nominale dell’investimento. Questo indurrà gli investitori a precipitarsi verso l’uscita. E questa pressione accresciuta sarà in grado di rimettere il governo di questo Stato membro sulla strada giusta.
Il piano complesso di Schäuble è di trasformare lo MES in un Fondo monetario europeo (FME). Il cambio di terminologia non è aneddotico, poiché l’obiettivo è quello di affidare al FME tutte le capacità di controllo fiscale per imporre la condizionalità agli Stati che lo FMI ha a sua disposizione.
L’obiettivo di Schäuble, come descritto nella sua ultima comunicazione al Eurogruppo su di questo, è che lo MES riformato sarà incaricato del “monitoraggio dei rischi paese”, “monitoraggio del rispetto degli obblighi degli Stati membri ai sensi del Fiscal Compact” , e che “il mandato del MES dovrebbe includere un meccanismo di ristrutturazione del debito prevedibile per garantire un’equa condivisione degli oneri tra il MES e i creditori privati”. Questo serve per indurre gli investitori a precipitarsi verso l’uscita ancora più velocemente. Oltre alle sue nuove funzioni relative all’analisi, “il MES dovrebbe assumersi anche la responsabilità del futuro processo di ristrutturazione del debito e del suo coordinamento”.
L’obiettivo della Germania in questo è quello di sostituire la “Troika” con un’unica istituzione, il Fondo monetario europeo, che è il MES riformato. Mentre la Commissione Europea è vista come troppo “soft” e la BCE non è sotto controllo, il futuro ESM dovrebbe seguire da vicino le opinioni tedesche e rimanere istituzionalmente dominato dalla Germania.
Per i paesi per quali lo MES dichiarerà che lo debito non è sostenibile, la scelta sarà tra sottomissione o uscita dalla zona euro. Che è la scelta che Schäuble ha presentato alla Grecia nel 2015, senza avere all’epoca l’arma istituzionale del MES riformato. Diventerà inevitabile per questi paesi membri di lasciare la moneta unica. Amen.
Sebastien Chochard
Il Mes è come l’idra, serpente mitologico con tante teste. Ne tagli una e ne restano sempre tante, troppe. Pertanto comprendiamo lo smarrimento dei lettori di fronte al riaccendersi del dibattito politico sul Mes. Quando sembrava ormai spento il dibattito sulla linea di credito speciale per le spesa sanitarie, stroncata addirittura dalle parole del presidente dell’Europarlamento David Sassoli, ora siamo di nuovo alle prese con il Mes “full optional”, la cui proposta di riforma, solo pochi giorni fa, era stata considerata “politicamente impraticabile” in un documento del pensatoio berlinese Jacques Delors Centre.
Parliamo quindi della riforma del Mes, già oggetto di un accordo politico “in linea di principio” maturato tra giugno e dicembre 2019, la cui formalizzazione, prevista per i primi mesi del 2020, era stata però lasciata in sospeso a causa del sopraggiungere della crisi da Covid (qui la dettagliata cronistoria degli eventi).