di Aldo Grandi – A pochi giorni dal Natale chissà, magari sopirà gli spiriti. Comunque sia il 21 dicembre si terrà al tribunale di Lucca, giudice monocratico, la prima udienza del processo intentato da Laura Boldrini, ex presidente della camera dei deputati, contro il direttore delle Gazzette Aldo Grandi per il reato di diffamazione a mezzo stampa.
La vicenda trae origine da un articolo-editoriale apparso nell’estate del 2017 nella rubrica Ce n’è anche per Cecco a cena. Nel corpo del medesimo l’autore ebbe ad augurarsi la morte della parlamentare considerandola corresponsabile di alcune delle calamità che hanno interessato il nostro Paese, a cominciare da un’accoglienza indiscriminata senza alcuna logica con la volontà più volte dichiarata di voler imporre agli italiani ‘uno stile di vita’, quello degli immigrati, che, a giudizio della parlamentare, sarebbe dovuto diventare anche il nostro negli anni a venire.
Non solo. La dottoressa Boldrini ha anche più volte manifestato il desiderio di abbattere tutto ciò che ricorda il Ventennio fascista senza minimamente tenere conto del fatto che la storia di un Paese non si cancella, ma si studia e si elabora. Infine, anche il voler modificare il vocabolario della lingua italiana introducendo tutta una serie di termini che, a suo avviso, tutelerebbero le diversità di genere, ma che, a nostro avviso, fanno a cazzotti con la lingua che fu di Dante Alighieri. In sostanza il sottoscritto ha individuato in Laura Boldrini – e non è il solo se si pensa a quante polemiche sono sorte proprio a seguito della invasione incontrollata di questi ultimi anni – una persona che invece di tutelare, in quanto rappresentante del popolo italiano, gli italiani stessi, sistematicamente favorisce quella che, per noi, è una sostituzione etnica in divenire con l’arrivo e lo sbarco di milioni di esseri umani con cultura, religione, usi e costumi, financo abitudini alimentari completamente diversi e, talvolta, opposti ai nostri.
Chi scrive ritiene che si stanno producendo i fattori che scateneranno una sorta di guerra civile imponendo, senza rispetto per la volontà popolare e senza nemmeno aver chiesto alcun permesso agli italiani, una immigrazione indiscriminata che non può essere più sopportata viste le difficoltà economiche, sociali e di convivenza venutesi a creare. Qui non si tratta di essere razzisti, ma di essere logici, razionali e dotati di una robusta dose di buonsenso.
Laura Boldrini ci ha chiesto, inizialmente, la somma di 250 mila euro. Noi abbiamo ricevuto la sospensione dall’ordine professionale per tre mesi con tutti i danni che essa ha portato con sé. Nonostante questo non abbiamo rinunciato a essere quel che siamo sempre stati. E’ chiaro e lo stesso avvocato della parlamentare ce lo ha detto al telefono a inizio vicenda, che quello che vogliono da noi sono i soldi, più possibili e senza tante storie. Solo in quel caso avrebbero rimosso la querela.
Noi, però, di soldi non ne abbiamo se non quelli, pochi invero, che ci servono per sopravvivere di questi tempi. Non abbiamo, infatti, gli stipendi che garantiscono Montecitorio e Palazzo Madama. Ma non è soltanto per questo che non accettiamo di rinunciare a difenderci nell’aula del tribunale affiancati da una pantera che più pantera non si può, l’avvocato e amica di lungo corso Cristiana Francesconi.
E’, soprattutto, perché riteniamo di non aver commesso alcun reato. Ai tempi di Mussolini, quando il duce era solito recarsi in visita nelle varie città del regno, la presidenziale si occupava di tutto quello che riguardava la sicurezza del duce e, nei giorni precedenti la visita, chiunque fosse anche solo sospettato di poter gridare all’indirizzo del capo del governo una parolaccia o un malaugurio, veniva sistematicamente messo nella condizione di non nuocere.
Oggi che siamo in democrazia – cosa di cui, onestamente, dubitiamo sempre di più – riteniamo che augurarsi la scomparsa di qualcuno che rivestiva un ruolo politico pubblico e che interferiva in maniera pesante nonostante la neutralità che avrebbe dovuto mantenere vista la carica ricoperta, non sia un reato e non contempli le fattispecie penali di cui siamo accusati.
Infine, la signora Boldrini non perde occasione per appellare tutti coloro – e sono davvero una infinità – che non gradiscono le sue esternazioni e lo dicono apertamente, leoni da tastiera nel senso che finché si nascondono dietro un tastiera del Pc sono dei leoni mentre una volta portati in tribunale se la farebbero sotto. Ecco, noi siamo leoni a tutti gli effetti astrologicamente parlando e anche caratterialmente. Per cui, non ci nascondiamo dietro una tastiera né, tantomeno, chiediamo pietà.
La corte di Cassazione ha ripetutamente dimostrato e sentenziato che augurare la morte a qualcuno non costituisce diffamazione e nemmeno reato. Noi attendiamo la signora Boldrini e il suo avvocato senza alcuna acrimonia, convinti che la libertà di espressione – e di esempi analoghi al nostro, ma dalla parte politica verniciata di rosso ce ne sono a iosa – sia untouchable e soggetta, come è stato per il nostro caso, solo alle regole deontologiche del proprio ordine professionale.
Se sono i soldi che vuole, bene, che venga a prenderseli.
Ai tempi di Mussolini, chi andava a protestare davanti a Lui, era spesso ascoltato, basta vedere vari video dell’Istituto luce. Altri, se assumevano atteggiamenti pericolosi venivano fermati dalla sicurezza. Anteo Zamboni attentò alla vita del Duce sparandogli e colpendolo al naso, ma venne successivamente da lui ascoltato e perdonato.
Mussolini, il dittatore.