Brunetta e Di Maio: c’eravamo tanto odiati

Il giornalista cattolico e saggista Maurizio Scandurra evidenzia le contraddizioni di due tra i più incoerenti uomini politici italiani.

Tra le stranezze più eclatanti al tempo del Coronavirus, ci mancavano pure le giravolte di Renato Brunetta (che, anche per statura, come ballerina non me lo vedo proprio) e i dietrofront di Luigi Di Maio.
L’ex ministro forzista, colto da un impeto di improbabile ravvedimento sulla via di Damasco, anziché gridare “Saulo, Saulo!”, è passato dai più feroci e ineducati epiteti rivolti al bibitaro campano ignorante al suo pubblico encomio: fatto persino di tanto di attestati di stima in cui si elogia un carisma da autorevole leader che, mi spiace dirlo, vede solo lui.

Roba da far accapponare la pelle al poco che forse ancora rimane delle spoglie mortali di gente come Giulio Cesare, Quinto Fabio Massimo detto ‘Cunctator’ (il Temporeggiatore), Alessandro Magno, Attila e via discorrendo. Tutti soggetti al confronto che, in fatto di comando, ne sapevano davvero. E il segno, nella storia dei popoli, quantomeno l’hanno profondamente lasciato.

Mentre l’uomo storicamente più inviso all’immenso Vittorio Sgarbi, dopo anni di proclami e tiritere preregistrare inneggianti al reddito di cittadinanza come la panacea di tutti i mali dell’Italia dalle tasche vuote come le zucche ora finalmente ammette, in un ravvedimento che ha davvero del miracoloso (o perché semplicemente ha indossato gli occhiali), che così com’è lo strumento sussidiario non funziona. Come direbbero dalle sue parti, “l’acqua è poca, e ‘a papera nun galleggia”.

E’ in atto una sorta di psicologia dell’inverso che, nello smarrimento generale, porta addirittura i politici più in vista a rivelarsi di fatto sostanzialmente equivalenti, pur se di colore e fazione diversi, nella pressocché totale incoerenza che alimenta i loro atteggiamenti. Le loro pubbliche uscite.

Perché, quando si perde il senso della propria identità, tutto è lecito. Compreso il giustificare l’avversario sino a un istante prima imperdonabile, per poi subito dopo ritenere giusto e legittimo ciò che mai un tempo si sarebbe invece razionalmente dato per plausibile.

Credo che questo debba far oggettivamente riflettere: partiti come le reliquie attuali di Forza Italia e il sempre più risicato e risibile Movimento Cinque Stelle sono fenomeni da circo più vicini all’illusionismo di Giucas Casella, Mago Silvan o David Copperfield, che formazioni politiche degne di questo nome.

Con un Silvio Berlusconi che si sente più eterno di Dio, pronto a fare carte false pur di tentare un’oggettivamente improponibile scalata al Quirinale: che, nel mentre, già si appresta ad accoglierlo al meglio trasformandosi di colpo in una moderna casa di riposo con tanto di catetere, viagra e pappagallo a portata di mano sul comodino.

E un “Giggino” Di Maio che pensa invece in tutti i modi a come salvarsi il culo in fasce azzardando sponde ovunque (anche laddove mai fino a ieri avrebbe ipotizzato), se verisimilmente dovesse levarsi all’orizzonte lo spauracchio di una nuova guida grillina, o un potenziale rimpasto di Governo.

Questo è il palazzo, Signori. O meglio, quel che resta della sua toilette.

Maurizio Scandurra