di Armando Manocchia – MA LA LEGALITA’ E’ UN MEZZO, UN FINE O, FORSE, QUALCOS’ALTRO?
Il Consiglio dei Ministri ha nominato ieri sera, 27 novembre 2020, il nuovo Commissario ad acta per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario per la Regione Calabria.
Il presidente Conte, subito dopo la nomina del prefetto in pensione Guido Longo, ha twittato che si tratta della scelta di un “… uomo delle istituzioni (magari maiuscolo, la prossima volta) … a difesa della legalità…”.
Tutti i media si sono accodati a questa parola magica – legalità – dedicando aperture dei telegiornali e prime pagine, con il tripudio celebrativo di quella parte, politica e non, che vede nella scelta uno scampato pericolo dopo quello che abbiamo visto nelle ultime settimane.
Una prima nota: la sanità non dovrebbe essere argomento di lotta politica. Come altri temi, penso alla sicurezza, al contrasto alla corruzione.
Non esistono bravi da una parte e cattivi dall’altra.
La buona o la cattiva sanità non hanno colore politico, così come i ladri non sono né di destra, né di sinistra, sono ladri e basta, che vanno condannati, se colpevoli, con pene immediate, certe ed eque.
Un primo dubbio, fermandoci su questa parola, legalità, facile e, quindi, comodo passepartout.
Scelto il vocabolario Treccani, si legge: “L’essere conforme alla legge e a quanto è da questa prescritto – Situazione conforme alle leggi, nei limiti prescritti o consentiti dall’ordinamento giuridico”.
Insomma, sembrerebbe – a me, come “uomo della strada” – una cosa abbastanza normale per un dipendente pubblico, ci mancherebbe altro che lo Stato non si comportasse in modo lecito.
Questa impressione, trova poi conferma nella Carta Costituzionale, agli artt. 97 e, poi, 23, 24 e 113. In estrema, la legalità è un presupposto indefettibile, è il “…primo grado della vita pratica, condizione della vita morale e della libertà …” (Benedetto Croce, La religione della libertà, 1932).
E, allora, come mai tutta questa enfasi sulla “… difesa della legalità …”?
Non senza notare, che identica parola era stata pronunciata quasi due anni fa, era il 7 dicembre 2018, dal Ministro della salute, era l’on.le Giulia Grillo, a margine della presentazione del Generale di corpo d’armata dei Carabinieri Saverio Cotticelli : “… Legalità, trasparenza e competenza per la salute dei cittadini …”.
La spiegazione è molto semplice, seppure i più non se ne sono accorti o facciano finta di non vedere, visto che nessuno ne parla.
Da circa 10/15 anni, gli Italiani si sono, dapprima innamorati di questa parola (legalità) fino a farne un feticcio e una clava da usare contro “l’altro” allestendo patiboli mediatici contro il nemico di turno, poi si sono assuefatti rinunciando giorno dopo giorno al resto (merito, competenza, capacità, risultati conseguiti, principio di non colpevolezza fino a sentenza passata in giudicato, segretezza delle indagini preliminari, …), infine, si sono ritrovati prigionieri della parola stessa mentre tutto il resto è emigrato, inutilizzato, accantonato, vaporizzato.
Fino a ritrovarsi prigionieri, oramai, di questa parola, così che, di fronte alla situazione calabrese o a quella salernitana (che ho già raccontato), a nessuno vien da chiedersi: ma come è stato possibile? Ma dov’era chi doveva controllare? Ma come mai nessuno è intervenuto prima? E, quindi: ma quante condanne della Corte dei Conti ci sono state, visto che questi soldi persi da qualche parte saranno pure andati a finire almeno come “spreco”? E se è stato qualcosa in più di un uso negligente, imperito o imprudente delle risorse pubbliche, quante condanne penali vi sono state?
E dopo esserselo chiesto, esiga risposte e prenda i consequenziali provvedimenti.
Con un ulteriore paradosso: se la legalità, cioè la normalità è diventata eroica, vuol dire che abbiamo fatto diventare l’anormalità una cosa normale.
Per questo, la criminalità, organizzata o meno, la maladministration, la metodologia del disservizio, non si sconfiggono con la “legalità”, ma con una gestione manageriale capace di assicurare risposte adeguate (il tutto, dappertutto, non è evidentemente sostenibile), facendo lo slalom tra le macerie e, a volte, tra le stesse regole, quando non c’è nemmeno una norma applicabile di fronte a situazioni amministrative e gestionali così degradate.
Auguri, quindi, al prefetto Longo, auguri affettuosi, per la Calabria, per tutti i calabresi e per quella vecchietta a 500 euro al mese di pensione che – riprendo le parole del Colonnello dei carabinieri Maurizio Bortoletti a “Non è l’Arena” del 22 novembre u.s., dove ha raccontato come ha fatto a restituire all’equilibrio operativo una ASL che perdeva 500 euro al minuto, da anni, nel silenzio incontrastato – non ha exit, non ha voice e ha solo una loyalty drogata e marcia verso coloro che concedono come un favore quello che è un diritto.
Armando Manocchia
Sanità Calabria, nuovo commissario Longo: “ho sempre affrontato sfide”.
Si parte con l’autocelebrazione, buon segno…
Sanità Calabria, nuovo commissario Longo: “ho sempre affrontato sfide”