“Per me chi è stato? Litighi con un vicino ma non arrivi a fare una cosa simile, poi la modalità, la velocità, il tutto… Sono 5 persone, non una o due. Guardando Olindo e Rosa, non è possibile. La corporatura di Raffaella era abbastanza forte, non è facile buttarla giù per terra. Invece quei marocchini erano aggressivi per il modo in cui hanno tirato fuori i coltelli, io non me lo immaginavo per di più sono anche un atleta quindi so difendermi”. Strage di Erba: ecco una nuova clamorosa testimonianza, quella di Abdi Kais, tunisino arrestato insieme ai componenti del clan Marzouk ufficialmente residente nella casa di Azouz e Raffaella – in via Diaz 25 a Erba – e che avrebbe frequentato l’abitazione dove fu commesso il delitto, proprio nei mesi precedenti a quella che è stata definita come la più atroce impresa criminale della storia della Repubblica.
In esclusiva ai microfoni di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti – in onda stasera, martedì 24 novembre, a ‘Le Iene’, in prima serata su Italia1 – le dichiarazioni inedite di un testimone mai sentito fino ad ora. L’uomo racconta di una forte rivalità tra il gruppo di tunisini vicini ad Azouz Marzouk e quello dei marocchini che spacciava nella stessa zona tra Erba e Merone, comuni in provincia di Como. Rivalità che sarebbe sfociata in una rissa con accoltellamento da parte dei marocchini ai danni di Abdi Kais, e del fratello e due cugini di Azouz Marzouk.
Dalle dichiarazioni dell’uomo si evince che i tunisini avrebbero avuto la peggio con ferite di arma da taglio e che Abdi sarebbe andato in ospedale per farsi medicare. L’episodio avrebbe dato luogo ad una vera e propria faida tra i due gruppi. Immediata la reazione dei parenti di Azouz che avrebbero bucato le ruote e spaccato con una bottiglia il parabrezza dell’auto dei marocchini che – sempre secondo il racconto del tunisino – abitavano nel comune di Merone, a qualche isolato da loro.
Kais racconta che spariva spesso la droga dai nascondigli nel bosco di Merone, per cui Amer, tunisino titolare di uno degli appartamenti dei tunisini a Merone, spesso portava dei quantitativi di cocaina in cantina della casa di Raffaella e di Azouz, a due passi da piazza del Mercato, la piazza dello spaccio a Erba. Sostiene inoltre che non furono Rosa e Olindo a commettere la strage, perché incompatibili a quel tipo di mattanza di donne e uomini sgozzati per corporatura, preparazione fisica, velocità di esecuzione, a differenza dei marocchini, violenti e armati di coltelli.
Elementi nuovi che per la difesa di Rosa e Olindo fanno pensare alla possibilità di un’altra pista, quella della rivalità con un’altra banda e che inizialmente fu considerata dagli inquirenti ma poi immediatamente abbandonata. La volontà di cercare tracce di eventuali altri killer sulla scena del delitto si infrange però sulla notizia di mercoledì scorso: la Cassazione ha rigettato la richiesta degli avvocati di Rosa Bazzi e Olindo Romano – riconosciuti come autori della strage e già condannati all’ergastolo – di analizzare reperti trovati sulla scena del crimine che, nell’arco di dodici anni (il crimine è stato consumato nel 2006, ndr.) nessuno prima d’ora ha mai esaminato. Tra questi anche gli abiti dell’unico superstite alla strage, Mario Frigerio, e del piccolo Youssef Marzouk.
“Il ricorso è stato respinto, ma rimane ancora una speranza riguardo alle motivazioni, non ancora pubblicate, che accompagneranno questa decisione. Io mi auguro e spero che nella motivazione la Corte di Cassazione possa indicare una strada tramite la quale farci analizzare questi reperti”, dice l’avvocato della famiglia Fabio Schembri.
Un’eventuale analisi dei reperti potrebbe risultare decisiva per rintracciare quel Dna di Rosa e Olindo mai ritrovato sulla scena del crimine oppure a individuare tracce compatibili di estranei, che farebbero pensare alla presenza di killer sconosciuti ai quali avrebbero potuto portare le piste alternative mai indagate. Tra queste inizialmente c’era quella delle “cattive frequentazioni di Azouz Marzouk”, il tunisino con precedenti penali che quella sera ha perso ciò che aveva di più caro al mondo e che non è affatto convinto dalle conclusioni a cui sono giunti 26 giudici in tre gradi di giudizio.
In particolare, i Carabinieri di Erba avevano considerato la concorrenzialità di diverse etnie nell’attività di spaccio tra i tunisini vicini ad Azouz Marzouk, che gravitavano nel comune di Merone, e gli albanesi di Ponte Lambro, entrambe le località in provincia di Como e poco distanti da Erba. Questa ipotesi presto fu scartata ma mai nessuno, fino ad oggi, aveva raccontato della rivalità dei tunisini con un altro gruppo che spacciava in quella zona, quello dei marocchini contro cui punta il dito il nuovo testimone Abdi Kais. ADNKRONOS