di Alberto Di Majo – – Deputati e senatori possono sorridere: potrebbero avere presto a disposizione un tesoretto da spendere come vogliono. Con l’articolo 195 dell’ultima bozza della Manovra, sarà creato un fondo per «esigenze Parlamento»: 800 milioni di euro per il 2021 e 400 milioni all’anno dal 2022.
Sono stati proprio i capigruppo della maggioranza a sollevare il problema in un vertice con il premier Giuseppe Conte e a lamentare che l’inziativa delle Camere è, di fatto, annullata. Tra decreti firmati dal presidente del Consiglio o dai singoli ministri, a deputati e senatori non è rimasto che ratificare provvedimenti che spesso nemmeno conoscono, in barba alla tanto decantata «centralità del Parlamento».
Se ne deve essere reso conto anche il premier che, evidentemente, ha ritenuto di «ricompensare» i parlamentari con un fondo molto generoso (vale la metà dell’intero costo annuale della Camera e del Senato). In questo modo gli onorevoli potranno avere la certezza di finanziare le loro inziative senza vedersele rimandare al mittente dalla ragioneria dello Stato che, in mancanza delle coperture finanziarie, blocca le norme. I maligni potrebbero pure chiamarlo «fondo markette», visto che ora i parlamentari avranno la possibilità di realizzare concretamente i provvedimenti richiesti da singole categorie che li supportano o da cittadini del loro collegio. Il fondo servirà anche a disincagliare molte leggi, volute dalla Camera o dal Senato, che sono state accantonate dalla Ragioneria.
Per il resto, la bozza della manovra prevede 4 miliardi di euro per il sostegno alle attività colpite dall’emergenza Covid, fondi per il sistema sanitario e per i tamponi al medico di base, 5,3 miliardi per la Cassa integrazione in deroga e 3 miliardi per l’assegno unico familiare a partire dal 1° luglio 2021. Il testo è stato approvato, salvo intese, nel Consiglio dei ministri del 17 ottobre ed era atteso in Parlamento il 20 ottobre ma è riemerso soltanto ora dopo il superlavoro del governo con le Regioni e i decreti ristori. Il tempo è pochissimo. Si comincia lunedì con un incontro tra Conte e le parti sociali.
Nel testo domina il «pacchetto Covid»: oltre al fondo da 4 miliardi «per il sostegno delle attività produttive maggiormente colpite dall’emergenza», con contributi a fondo perduto, ci sono 870 milioni per decongestionare il sistema diagnostico con i tamponi rapidi dal medico di base. E ancora un’indennità per gli infermieri e una del 27% per medici, veterinari e sanitari, 210 milioni nel biennio per nuovi contratti di specializzazione di medici, e la proroga fino al 31 dicembre delle assunzioni temporanee del Sistema sanitario. Per il rifinanziamento della Cassa integrazione Covid, per ulteriori 12 settimane, arrivano altri 5,3 miliardi, con lo stop ai licenziamenti fino al 31 marzo. Per il reddito di cittadinanza vengono stanziati 196 milioni nel 2021, 473 milioni nel 2022, che aumentano fino a 477 milioni dal 2028. Sostegno anche al mondo dello spettacolo, con l’incremento del tax credit dal 30% al 40.
Confermato l’assegno unico familiare – 3 miliardi nel 2021 con il via a luglio, 5,5 per il 2022 – il bonus bebè e il congedo di 7 giorni per i neopapà, lo stop dei contributi per 3 anni, o per 4 anni in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, per le assunzioni di giovani fino a 35 anni, la proroga di opzione donna e Ape sociale, del bonus facciate e per le ristrutturazioni, del bonus verde e del credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali, quest’ultimo fino a al 2022. Riparte anche il «bonus bici e monopattini» con 100 milioni per avere uno «sconto» al massimo di 500 euro. Arriva un fondo con una dotazione di 2,5 miliardi per l’anno 2022 e 1,5 a decorrere dall’anno 2023 per «la fedeltà fiscale» per finanziare i primi interventi in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale e cambia la lotteria degli scontrini, cui si potrà partecipare solo con i pagamenti elettronici.
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