di Magdi Cristiano Allam – – Biden avrebbe dovuto attendere l’esito delle azioni legali promosse dal Presidente Trump prima di annunciare la vittoria e i capi di Stato che si sono congratulati hanno interferito politicamente in una vicenda legalmente in atto. In una Nazione in cui buona parte dei cittadini va in giro armata e in cui il clima politico è surriscaldato, la forzatura politica di Biden rischia di essere percepita come una prova di forza se non una provocazione. La prospettiva di una guerra intestina sarebbe una tragedia per gli Stati Uniti d’America e per il mondo intero, così come suonerebbe come il colpo di grazia a una democrazia che ha mostrato serie problematiche
Buongiorno amici. Sono preoccupato perché sia all’interno sia dall’esternodegli Stati Uniti d’America, finora la superpotenza e il baluardo della libertà nel mondo, si stanno calpestando delle regole basilari della democrazia e del diritto internazionale.
Piaccia o meno, al di là dei toni talvolta sopra le righe e dei comportamenti esuberanti, Donald Trump è ancora il Presidente degli Stati Uniti d’America e lo sarà fino al 14 dicembre, quando il “Collegio elettorale” formato da 538 “Grandi elettori” eleggerà e formalizzerà la vittoria del prossimo Presidente. Di fatto il Presidente viene eletto indirettamente dai “Grandi elettori” che sono stati eletti dal voto dei cittadini il 3 novembre. È prassi che i “Grandi elettori” votino per il candidato presidenziale che li ha scelti, ma non si può escludere il caso di “Grandi elettori infedeli”. Votare in modo difforme è politicamente sanzionabile ma è costituzionalmente lecito.
Entro l’8 dicembre dovranno essere risolte le controversie legali, a partire da quelle sul voto per posta, il riconteggio dei voti nei singoli Stati, le cause nei tribunali e l’eventuale ricorso alla Corte Suprema.
Il 3 gennaio 2021 debutterà il nuovo Congresso, che si conferma in bilico con la Camera dei Rappresentanti a lieve maggioranza democratica e il Senato a lieve maggioranza repubblicana.
La transizione del potere tra il Presidente uscente e il Presidente eletto avviene tra il 14 dicembre, data dell’ufficializzazione del risultato delle elezioni da parte del “Collegio elettorale” e il 20 gennaio 2021, data del giuramento del Presidente eletto. Da un punto di vista costituzionale il Presidente eletto entra in carica solo dopo il giuramento il 20 gennaio 2021.
Ebbene, le elezioni si sono svolte il 3 novembre. Il 7 novembre il candidato democratico alla Presidenza Joe Biden ha annunciato la vittoria, ma il risultato è stato contestato dal Presidente Trump che ha avviato delle azioni legali e evocato l’intervento della Corte Suprema, denunciando brogli elettorali e chiedendo il riconteggio delle schede. Tutto ciò è assolutamente legale e il fatto che sia il Presidente in carica a mettere in discussione il risultato elettorale va considerato con il massimo rispetto sia dentro sia fuori gli Stati Uniti.
Invece abbiamo assistito a un dileggio e a un oltraggio senza precedenti nei confronti di Trump, con le televisioni che gli hanno tolto la parola e le piattaforme virtuali che l’hanno censurato per il semplice fatto che ha denunciato dei brogli e di conseguenza non considera valida la vittoria di Biden.
Così come sorprende che diversi capi di Stato e di governo, i nostri Mattarella e Conte, Merkel, Macron e Boris Johnson, l’israeliano Netanyahu e il palestinese Abu Mazen, l’iraniano Hassan Rohani e persino i terroristi islamici palestinesi di Hamas si sono precipitati a congratularsi con Biden per la sua elezione. Ben più saggio è stato il Presidente messicano Andres Lopez Obrador, che ha detto che è troppo presto per congratularsi con Biden: “Aspetteremo fino a quando tutte le questioni legali saranno risolte. Non vogliamo essere sconsiderati”.
Cari amici, se come abitualmente accade un candidato alla Presidenza vince e chi ha perso riconosce la sconfitta e si congratula con il vincitore, Biden non avrebbe avuto problemi a proclamare pubblicamente la propria vittoria. Ma avendo il Presidente in carica Trump contestato il risultato e avviato delle azioni legali tra cui il ricorso alla Corte Suprema, Biden avrebbe dovuto saggiamente attendere l’esito delle contestazioni legali promosse legittimamente e conformemente alla Costituzione.
A maggior ragione se si considera che di fatto l’elezione formale avverrà solo dopo il voto dei 538 “Grandi elettori” il prossimo 14 dicembre. In una Nazione in cui buona parte dei cittadini va in giro armata e in cui il clima politico è surriscaldato, la forzatura politica di Biden rischia di essere percepita come una prova di forza se non una provocazione. La prospettiva di una guerra intestina sarebbe una tragedia nazionale e il colpo di grazia a una democrazia che ha mostrato serie problematiche.
Ugualmente i capi di Stato e di Governo che si sono già congratulati con Biden hanno comunque interferito negli affari interni degli Stati Uniti, schierandosi politicamente in una vicenda che non si è conclusa legalmente, anche se è improbabile che i ricorsi legali diano la vittoria a Trump. Questo scenario di per sé rappresenta il declino di un Mondo che ha avuto finora negli Stati Uniti d’America il riferimento certo sul piano monetario, economico, militare, politico e anche valoriale. L’alternativa che si afferma con sempre più prepotenza è la Cina, un ferreo regime comunista sul piano politico e un sistema economico iper-capitalista. Ecco perché dobbiamo mobilitarci culturalmente e civilmente per salvaguardare la nostra umanità e riscattare la nostra civiltà.
Magdi Cristiano Allam