Il giornalista cattolico Maurizio Scandurra evidenzia gli attacchi ingiustificati rivolti da certa sinistra a uno dei maggiori intellettuali del nostro tempo.
Se l’autorevole Professor Alessandro Meluzzi non esistesse, di che cosa tirerebbe a campare, giornalisticamente parlando, la pletora di penne spiumate al soldo di certa editoria di palazzo e potere?
E una volta per la foto semplicemente ritwittata di Auschwitz per stimolare confronto e dialogo, un’altra per la ‘psico-info-pandemia’ che per primo in Italia previde, e ora ci mancava pure la questione del Partito Anti-Islamizzazione. Che due balle: cambiare disco mai, vero, sinistroidi?
Ammetto che oggettivamente non conosco intelletto più fino, pronto e brillante, dialettico e raffinato, logico ed enciclopedico di quello del noto accademico, criminologo, medico legale, psichiatra, psicoterapeuta, scrittore, saggista, politico (già deputato e senatore) e giornalista per far voltare a proprio favore la banderuola del vento mediatico. Quando provoca, gli asini abboccano. Tutti, nessuno escluso.
Più lo attaccano, e più macina followers. Più lo contestano, e più la sua agenda trabocca di richieste di visite specialistiche, pareri, perizie, interviste, convegni, docenze, presenze, iniziative culturali e via dicendo.
Un po’ come accade in fondo anche al buon Dio: più lo negano, e più si rafforza. Più il Maligno lo osteggia, e più l’Onnipotente afferma il proprio indiscusso primato sulla Storia.
Da che pulpito viene la predica? Confesso che ignoro realmente altresì quali siano le dinamiche sottese alla scelta delle risorse umane nei giornali di sinistra, nelle cui redazioni abbonda un alveare scomposto e tentennate di sgarbati rancorosi a libro paga, insoddisfatti, invidiosi privi di significato e soprattutto di titoli per prodursi in ridicolissimi, squallidi giudizi nei confronti di chi nella vita è davvero diventato qualcuno.
E, soprattutto, ha fatto molto di meglio e di più in fatto di carriera, posizione, riconoscimenti, successo e realizzazione umana e professionale rispetto a chi tenta maldestramente (senza successo, né fondamenta alcune) di additarlo a mo’ di pubblico discredito: ottenendo semplicemente, in una sorta di contrappasso dantesco, l’effetto contrario.
Sarebbe come se un dipendente giudicasse l’imprenditore, l’allievo il maestro, il peccatore il confessore, il fedele il sacerdote e un cristiano Dio stesso.
Come se un musulmano mettese in discussione Allah, per dirla con parole care agli amanti islam-immigrazionisti, globalisto-progressisti, omosessualista-salutisto-ambientalisti dell’Italia del politically correct tutta campi profughi, porti e confini esattamente come i nostri culi: aperti.
Già perché questo fanno, il Direttore Armando Manocchia docet, i ‘professionisti della mistificazione’: stravolgere i piani, confondere i ruoli, trasformare i vizi in virtù e l’oro in merda esattamente come Re Dami con Re Mida: di cui è fratello gemello, per non dire il fratello scemo, aspetto dell’antico mito greco sconosciuto ai più.
Caro Professore, amico fraterno Alessandro, prima di congedarmi, voglio salutarti con un rispettoso sorriso: per dirla con il Sommo Poeta Emilio Solfrizzi, moderno discendente barese del fiorentino autore della Divina Commedia, “Non ti curar di loro, ma guarda e passa: il semaforo era rosso e sono finiti nella cassa”. Rosso. In tutti i sensi.
Maurizio Scandurra