Crisanti contro Arcuri: ‘con test rapidi falsi negativi al 30%’

Il commissario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, ha annunciato che in Italia, dalla prossima settimana, si faranno non solo 200mila tamponi molecolari, ma anche 100mila rapidi antigenici. Una scelta discutibile secondo il professor Andrea Crisanti, docente di Microbiologia dell’Università di Padova. “Ci dicono: il test rapido ha una corrispondenza con il molecolare vicina al 100 per cento. Certo, perché fanno la verifica solo sui positivi. I guai vengono da coloro che risultano negativi al test rapido ma che in realtà sono positivi, sono attorno al 30 per cento”, spiega Crisanti in un’intervista a Il Messaggero.

Altri sostengono che il test antigenico è affidabile perché intercettale cariche virali alte, può sbagliare solo su quelle basse che non hanno un alto livello di contagiosità. “Ma chi dice questo non ha capito un cavolo. All’inizio del contagio la carica virale può essere bassa, poi diventa media e poi alta, infine si riabbassa. Quando faccio il test, se siamo all’inizio di quel percorso, rischiamo di non intercettare una persona positiva che qualche giorno dopo avrà una carica virale più alta

Sulle chiusure per l’esperto si è già in ritardo, almeno di due settimane. Quanto meno in alcune Regioni sarebbe stato necessario chiudere prima. “Ora stiamo inseguendo l’epidemia, speriamo che non sia troppo tardi”. Se le misure approvate dal governo non avranno un effetto, “saranno inevitabili limitazioni più restrittive. Penso che aspetteranno la prossima settimana per capire se il Dpcm sta dando risultati”, aggiunge. Se mercoledì “non vedremo dati differenti, sarà finita. Si andrà per forza al lockdown, magari in una forma meno severa di marzo. Ma qualcosa sarà inevitabile fare”.

Già si vede “una parcellizzazione della trasmissione del virus, ormai è diffusa in tutto il Paese – osserva Crisanti -. Non sarebbero più sufficienti i singoli lockdown regionali che invece sarebbero stati utili due settimane fa”. Si potrebbero anche decidere “chiusure meno severe nelle Regioni con una minore diffusione del virus, più rigorose nelle altre. Possiamo differenziare, ma comunque bisogna intervenire su macroaree, non c’è più tempo per interventi limitati a piccoli territori”. liberoquotidiano.it