Il coronavirus potrebbe diventare endemico e provocare epidemie ricorrenti nella specie umana. L’allarmante ipotesi è il risultato di uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli esperti della Columbia Mailman School (scuola di specializzazione in sanità pubblica della Columbia University, New York), che hanno indagato alcune delle caratteristiche del virus e identificando i fattori cruciali che potrebbero contribuire a renderlo una minaccia stagionale.
“Il rischio di reinfezione esiste – spiega Jeffrey Shaman della Columbia Mailman School – mentre disponibilità ed efficacia del vaccino sono ancora incognite. Un altro fattore che è importante considerare riguarda le interazioni del virus con altre infezioni virali che ne potrebbero alterare le catene di diffusione”.
Il team ha scoperto che le reinfezioni non sono rare e potrebbero verificarsi anche a distanza di meno di un anno dal contagio precedente. Grazie alle informazioni ricavate dalla letteratura scientifica esistente, gli autori hanno delineato un potenziale scenario per il raggiungimento dell’immunità a SARS-CoV-2.
“I tassi di diminuzione osservati – aggiunge Marta Galanti, seconda firma dell’articolo – sono simili a quelli tipici del betacoronavirus endemico che provoca malattie respiratorie comuni come raffreddore o influenza. Questo suggerisce la possibilità che si verifichino focolai annuali di COVID-19”.
Gli esperti sottolineano che sarà necessario proseguire gli studi per comprendere meglio come e quanto spesso si verificheranno le reinfezioni, il rischio di peggioramento degli esiti clinici e la viralità degli individui ricontagiati. “Tra coloro che sono stati infettati da COVID-19 – osserva Galanti – abbiamo osservato lo sviluppo di anticorpi specifici, ma non è chiaro se tali anticorpi possano fornire immunità sterilizzante a lungo termine e prevenire la reinfezione. La risposta immunitaria a SARS-CoV-2 può essere influenzata dal fatto che qualcuno sia o sia stato infettato da altri agenti patogeni”.
La ricercatrice cita studi precedenti secondo cui l’infezione da un virus può fornire una protezione di circa una settimana contro una seconda infezione, mentre altri lavori sembrano suggerire che infezioni alle vie respiratorie non siano associate a una maggiore gravità della malattia. “Sebbene siano state documentate alcune coinfezioni SARS-CoV-2 con altri virus – osserva Shaman – non abbiamo dati sufficienti a trarre delle conclusioni. A livello di popolazione, una epidemia di influenza stagionale potrebbe mettere a dura prova il sistema sanitario. La letteratura scientifica sembra confermare la trasmissibilità aumentata di COVID-19 durante i mesi invernali, che pongono le condizioni favorevoli alla diffusione del virus, il che è comune in molti virus respiratori comuni”.
L’autore ricorda che i coronavirus endemici (OC43, HKU1, NL63, 229E) mostrano stagionalità nelle regioni temperate. “Le condizioni ambientali possono modulare la trasmissibilità di SARS-CoV-2 – concludono gli esperti – favorendo la diffusione dell’infezione nelle prime fasi della stagione fredda. Sarà necessario proseguire gli studi per verificare tali ipotesi”. AGI.IT