di Antonio Amorosi – – Le mascherine, oltre al chiuso, dove è più difficile rispettare il distanziamento fisico, sono obbligatorie anche all’aperto, almeno in Italia. Ma sono davvero fake news le notizie che sostengano che alla lunga facciano male? Che molte volte sono delle false protezioni? Che vadano usate lo stretto necessario? Che all’aperto siano deleterie? E che la vera protezione sia il distanziamento fisico? Tutti problemi apparentemente distinti ma che potrebbero avere più di un nesso.
Se è vero che le mascherine per il viso hanno salvato tante vite durante la pandemia di Coronavirus (le fp2 e le fp3, principalmente, che non a caso sono quelle utilizzare nei presidi ospedalieri) poca attenzione viene prestata sugli effetti collaterali che procurano. Anche le mascherine andrebbero usate con parsimonia, non sono caramelle.
Un recente lavoro della rivista Nature spiega che le mascherine N95 (compatibili con le le nostre fp2-fp3) bloccano un ingresso di agenti per 90-95% e che un team di ricerca internazionale stima che le maschere in tessuto chirurgiche e comparabili siano efficaci nel proteggere chi le indossa per il 67%.
Nella discussione si è inserito il dottor Alberto Donzelli, specialista in igiene e medicina preventiva, ex direttore SC Educazione alla Appropriatezza ed Evidence Based Medicine ASL Milano, per 3 anni è stato al Consiglio superiore di Sanità (organo di consulenza tecnica e scientifica del Ministero della salute italiano), oggi nel CdA e Comitato Scientifico della Fondazione Allineare Sanità e Salute.
Donzelli è un esperto di valutazioni comparative di efficacia, di sicurezza e sul rapporto costo-efficacia delle tecnologie sanitarie in uso nelle cure primarie. Ha scritto anche uno studio pubblicato su Epidemiologia&Prevenzione, rivista dell’associazione italiana di epidemiologia dove spiega come siano “molto sottovalutati”…”gli effetti collaterali”…“sull’uso di mascherine in comunità” e poco si discuta sui “possibili pericoli per chi le indossi a lungo”.
Per il dottore bisogna agire “evitando anche per quanto possibile usi prolungati/continuativi di mascherine all’aperto”.
“Con l’uso della mascherina cosa succede nei polmoni di una persona?”, si chiede Donzelli in un video (che potete vedere alla fine dell’articolo). “Il 95% di quello che emette un soggetto potenzialmente infettivo viene schermato. La domanda cruciale è: dove va a finire quel 95% che viene schermato? Viene in parte reinalato. C’è il rischio che la persona si faccia da sé i cicli di amplificazione, se continua a tenere a lungo questa mascherina. Continuando e reinalare i propri virus (tra cui l’attuale Sars CoV-2, ndr) li può spingere in profondità nei polmoni e negli alveoli dove non dovrebbero arrivare perché nelle vie respiratorie superiori ci sono le difese innate adattative che ‘stendono’ la maggior parte dei germi che noi andiamo a impattare con la respirazione”.
Un pericolo non da poco per chi viene a contatto con il virus e che l’esperto spiega così: “Se arrivano troppi virus negli alveoli polmonari e si moltiplicano senza resistenza, quando arrivano dopo 10-14 giorni gli anticorpi delle difese adattativa invece di trovare poco virus ne trovano una quantità (intendendo grande, ndr) e scatenano una battaglia ma anche creando un’infiammazione altissima. Si nota questo in molti casi di soggetti che dopo un inizio blando hanno un’esplosione infiammazione e un aggravamento”.
Le misure di contenimento della malattia dovrebbero evitare di aggravare “la situazione di un asintomatico ‘imponendogli una barriera’ come la mascherina che rischia di farlo diventare sintomatico avendo spinto in profondità i virus visto che non può respirare liberamente”, dice Donzelli.
A sopporto di questa tesi a settembre è stato pubblicato uno studio di Cdc, l’importante organismo di controllo federale sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d’America.
Lo studio del Cdc, anche se non testato su numeri estesi di casi, spiega che il 70.6% dei soggetti che si sono ammalati di Sars-CoV-2 indossava sempre la mascherina, il 14.4% la indossava spesso, per un totale dell’85%, mentre solo il 3,9% non indossava mai la mascherina.
Il distanziamento sociale è difficile da mantenere ma andrebbe almeno usato il buon senso nell’uso dei mezzi di difesa dal Coronavirus e non impedire alle persone, dove ci sono le condizioni e non gli assembramenti, di respirare senza mascherine all’aperto.