di Claudio Bernieri – – Milano – Il giorno di padre Tirayr: il sacerdote armeno della chiesa di via Jommelli , davanti a Palazzo Marino: compare avvolto nella bandiera italiana e guiderà la preghiera dell’Unione degli armeni d’Italia sotto il balcone del sindaco Sala, per la pace, la fine delle devastazioni nel Nagorno Karabak, e per un auspicato intervento dell’Unione europea e della comunità internazionale.
Ore 11 di un comune martedì di Covid. Una pianola posta sotto il monumento a Leonardo da Vinci lancia alcune note liturgiche. Stupore dei Vigili Urbani: gli armeni intonano il Padre Nostro, sotto la guida di padre Tirayr.
Nessun politico di palazzo Marino si interessa alla manifestazione, assente maggioranza e opposizione, nemmeno la Lega o la onnipresente Sardone: eppure la manifestazione pare Identitaria Doc, quasi un revival dei tempi di Solidarnosh e di papa Woytila, quando i sindacalisti polacchi come Walesa pregavano la Madonna, poco politicamente corretti ma amati dal popolo. E il popolo armeno della diaspora in Italia si raccoglie e protesta; bandiere, canti, striscioni, invettive contro il terrorismo turco. Gli armeni rischiano il secondo genocidio della loro storia, dice la signora Gayane.
E spiega che gli azeri e i turchi vogliono sterminare questo antico popolo cristiano; ma nessuno pare indignarsi abbastanza in Occidente e nemmeno a Palazzo Marini. Non è di moda denunciare la Turchia.