Coronavirus, Walter Ricciardi: “Lockdown misura di cieca disperazione”

“Il lockdown? Una misura di cieca disperazione”. A dirlo era Walter Ricciardi, il consulente del ministro della Salute Roberto Speranza nella gestione dell’emergenza coronavirus, in un articolo scientifico del 2 aprile scorso, citato in una nota del rapporto pubblicato dall’Oms il 13 maggio e sparito nelle successive 24 ore dal sito dell’organizzazione mondiale della sanità. A sostenerlo è una indiscrezione dell’agenzia Agi, che ha ottenuto il testo attraverso il Comitato dei familiari delle vittime.

“Quello che gli altri Paesi possono imparare dall’Italia durante la pandemia” è il titolo di quell’articolo, firmato da Ricciardi insieme ad altri due studiosi, Stefano Boccia e John P.A. Iannidis. “I Paesi con un’aggressiva politica di tracciamento dei contagi e con ampie possibilità di effettuare test di laboratorio (per esempio Taiwan e Corea del Sud) sembrano offrire esempi di successo del contenimento del virus – si legge- In confronto a loro, in Italia sia il tracciamento che i test di laboratorio sono molto limitati e alla fine si è dovuto ricorrere al lockdown, misura di cieca disperazione”.

Non male, considerando che il governo “ispirato” annche da Ricciardi ha puntato tutto sulla chiusura generalizzata per tre mesi. “Cieca nel senso di estrema – spiega Ricciardi interpellato dal Corriere della Sera -: non essendo riusciti a contenere il virus attraverso quelle misure di contenimento, abbiamo dovuto far ricorso alle misure di mitigazione: non si poteva far altro”. Considerando che Ricciardi, come altri esponenti del mondo scientifico più filo-governativi, hanno per mesi sostenuto la bontà del “modello Italia”, qualcosa non torna.

“Mi stupiscono le dichiarazioni sul fatto che si ritenga il lockdown una misura estrema proprio a fronte e in conseguenza di come è stata gestita la parte sanitaria relativa al tracciamento dei tamponi – commenta l’avvocato Consuelo Locati, legale del Comitato Noi Denunceremo che ha presentato decine di denunce, ipotizzando responsabilità di governo e Regione Lombardia -. Tale dichiarazione può essere considerata ed interpretata come atto di ‘accusa’, segnatamente individuando e attribuendo responsabilità a chi aveva l’obbligo normativo di intervenire e gestire il tracciamento e prima ancora il reperimento di reagenti per effettuare i tamponi sui cittadini”.

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