Bergoglio nell’enciclica ‘Fratelli tutti’: “al di là delle diverse azioni indispensabili, gli Stati non possono sviluppare per conto proprio soluzioni adeguate ‘poiché le conseguenze delle scelte di ciascuno ricadono inevitabilmente sull’intera Comunità internazionale'”. Pertanto “le risposte potranno essere frutto solo di un lavoro comune”, dando vita ad una legislazione (governance) globale per le migrazioni. In ogni modo occorre “stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l’integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire lo sviluppo dei Paesi di provenienza con politiche solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate”.
“Paradossalmente, ci sono paure ancestrali che non sono state superate dal progresso tecnologico”, afferma papa Francesco in “Fratelli tutti”, nel capitolo “Le ombre di un mondo chiuso”. Riappare “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità”.
Inoltre, “la solitudine, le paure e l’insicurezza di tante persone, che si sentono abbandonate dal sistema, fanno sì che si vada creando un terreno fertile per le mafie. Queste infatti si impongono presentandosi come ‘protettrici’ dei dimenticati, spesso mediante vari tipi di aiuto, mentre perseguono i loro interessi criminali“. ANSA