Il Tar ha annullato l’ordinanza con la quale il 17 aprile scorso il Presidente della Regione Lazio ha imposto l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale stagionale per tutte le persone al di sopra dei 65 anni di età (pena il divieto di frequentare luoghi di facile assembramento come centri sociali e case di riposo) nonché per tutto il personale sanitario e sociosanitario operante in ambito regionale (pena il divieto di avere accesso ai rispettivi luoghi di lavoro), raccomandandola per i bambini tra i sei mesi ed i sei anni. Una sentenza con la quale ha accolto un ricorso proposto dall’Associazione Codici Nazionale e del Lazio.
Come scrive Il Messaggero, il Tar ha ritenuto che «non è disconosciuta dalla Corte costituzionale la possibilità che le Regioni possano legiferare in settori riservati al legislatore statale», ma «a condizione che vengano rispettati i ‘principì fissati dalla legge statale»; e «nel caso di specie la ‘soglià stabilita dal legislatore statale tra obbligo e raccomandazione del vaccino antinfluenzale, poiché costituisce il frutto di una operazione di bilanciamento complessa ed articolata tra libertà del singolo e tutela della salute individuale e collettiva, non potrebbe essere derogata dalle regioni neppure in melius ossia in senso più restrittivo».
«La normativa emergenziale COVID non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie -conclude il Tar- Le disposizioni in materia di igiene e sanità nonché di protezione civile non recano previsioni che possano autorizzare le regioni ad adottare questo tipo di ordinanze allorché il fenomeno assuma, come nella specie, un rilievo di carattere nazionale; L’ordinamento costituzionale non tollera interventi regionali di questo genere, diretti nella sostanza ad alterare taluni difficili equilibri raggiunti dagli organi del potere centrale». E la conclusione è che «al di là della ragionevolezza della misura, la sua introduzione non rientra nella sfera di attribuzioni regionale ma, semmai, soltanto in quella statale».