Denuncia choc: “mio padre morto di fame e in solitudine a causa del Covid”


di Radio Radio Tv

Morire di fame per non morire di Covid. Ma quando la giornalista e antropologa Tiziana Ciavardini si è recata al Policlinico Casilino per dare la necessaria assistenza al padre, il Cavalier Arnaldo Ciavardini, le è stato risposto picche. Perché? “Se la prenda con chi è andato in vacanza”.
Un focolaio di coronavirus ha fermato tutto, incluso il vitale rapporto – ancor più necessario in questo caso – tra padre e figlia: Ciavardini non era affetto da Covid, è stato ricoverato a lugli dopo una visita cardiologica di routine. La struttura, a dirla tutta, sarebbe covid free (dicitura che ora deve essere aggiornata) e non a caso la giornalista ha avuto la premura di trasferire lì il papà poi deceduto nella mattina di lunedì.

Era ancora lucido fino a ventiquattro ore prima del decesso, ma la Ciavardini non ha comunque potuto portare cibo né calore: tre infermieri le hanno impedito di vederlo, e gli ostacoli sono iniziati ben prima, quando la settimana precedente c’è stato il riscontro di più casi di Covid all’interno della struttura e ogni accesso a chi non fosse infermiere, è stato negato.
Niente notizie, nessuna risposta alle chiamate da parte del personale, contatti irrisori tra Arnaldo e la sua famiglia.

Sono iniziate a peggiorare lì le condizioni di Ciavardini, “morto di fame perchè nessuno lo ha aiutato a mangiare, di sete e di solitudine in una fredda stanza di un ospedale quando avrebbe potuto stare serenamente assieme ai suoi cari”, scrive la giornalista sui social: “Non sono addolorata, sono solo molto ma molto arrabbiata”.
La sua testimonianza ai microfoni di Stefano Molinari e Luigia Luciani.