Perché Suarez ha diritto alla cittadinanza e i lavoratori stranieri no

Suarez

Ci mancava solo che il solito intellettuale main-stream sul solito giornalone main-stream venisse a farci la predica sui diritti negati agli stranieri “che pagano le tasse”. Alessandro Gassman & Repubblica, un connubio imperfetto, hanno trovato un’ottima scusa per gettare fumo negli occhi e dare una spinta all’introduzione dello “ius soli” e della regolarizzazione, anzi della “cittadinizzazione” degli immigrati. Il vero obiettivo di questi lupi travestiti da pecore è la resa definitiva della nostra cultura rispetto a un progetto anti-identitario che il popolo non vuole ma che le élites e Bergoglio ci stanno imponendo attraverso una campagna asfissiante sui mass-media.

Nel caso specifico il calciatore Suarez ha diritto al riconoscimento della cittadinanza perchè ha sposato una nostra concittadina. Giustamente la legge ha introdotto un altro requisito, cioè quello della conoscenza della lingua italiana, come è ovvio che sia, e un eventuale abuso non pregiudica la natura del diritto.

Cosa diversa per chi lavora in Italia. Il fatto di “lavorare”, cosa che dovrebbe essere normale e doverosa per chi viene in Italia, non implica automaticamente l’obbligo, da parte nostra, di concedere la nazionalità allo straniero. Pagare le tasse neanche. Chi lo fa contribuisce ai servizi che riceve, che sono molti e assicurati anche a migliaia e migliaia di vagabondi e clandestini.

La cittadinanza è qualcosa di più. Significa non solo far parte della comunità a livello economico e produttivo, ma condividerne la storia e la cultura. A meno che non si vogliano ridurre a zero i nostri valori e la nostra identità, secondo una logica nichilista e materialista dell’uomo e della società, la cittadinanza va concessa solo dopo un lungo processo di integrazione e condivisione dei nostri principi. Bisogna effettivamente “sposare” la nostra Nazione e rivestirsi con orgoglio della nostra bandiera. Per lo stesso motivo la cittadinanza non può essere concessa (e salvo poche eccezioni è così in tutto il mondo) ai figli di stranieri nati o vissuti in Italia, perchè vivono in un ambiente familiare che non è italiano.

Il tempo, con i comportamenti, la condivisione dei nostri principi a partire da quelli di libertà, e la decisione matura e irreversibile di essere italiani, questi sono i fattori che possono determinare la concessione di uno status. I diritti non c’entrano, il futuro della nostra Italia sì. Se ne faccia una ragione il caro Gassman e dirotti il suo “senso di schifo” verso altre e più urgenti problematiche anziché ricercare un palcoscenico di cui non ha bisogno.

Francesco Perretta