Azzurra Barbuto – – Il fenomeno dei matrimoni combinati e precoci si sta diffondendo per effetto dei flussi migratori. Segno che certe culture sono incompatibili con le nostre leggi. «O ti sposi o ti ammazzo». È la minaccia che subiscono migliaia e migliaia di fanciulle persino in Paese come l’Italia, che reputiamo libero, civile e progredito. (…)
(…) Brandendo un coltello un pakistano di 45 anni, immigrato regolare, a Viareggio, Lucca, qualche giorno fa ha intimato alla figlia quindicenne di accettare le nozze forzate con un connazionale di 50 anni, pena la morte. La madre, intervenuta in difesa della ragazza, è rimasta ferita ad una mano, tuttavia la sua interposizione ha permesso alla giovane di chiamare la polizia, che, giunta prontamente sul posto, ha trovato l’appartamento in subbuglio e mamma e figlie (di 15 e 8 anni) in forte stato di agitazione. Il pakistano è stato allontanato d’urgenza da casa.
LA PUNTA DELL’ICEBERG
Questo non è soltanto un lieto fine, ma è pure la punta dell’iceberg di un fenomeno sommerso, quello dei matrimoni combinati e addirittura precoci, sempre più diffusi sul nostro territorio per effetto degli imponenti flussi migratori che hanno interessato il Bel Paese negli ultimi lustri. I migranti che pervengono qui importano i loro usi e costumi, inclusi quelli incompatibili con le nostre leggi, e non hanno alcuna intenzione di abbandonarli. Anzi, a distanze siderali dai Paesi di provenienza, il rispetto delle tradizioni più ataviche diventa un categorico imperativo morale: perpetrarle equivale a mantenere vive le proprie radici evitando di essere risucchiati dalla cultura e dalla società occidentali dove gli immigrati tuttavia deliberatamente scelgono di trasferirsi e vivere.
Ebbe un epilogo tragico la storia di Sana Cheema, 25enne di origini pakistane sgozzata dal padre e dal fratello a Brescia nell’aprile del 2018 poiché era innamorata di un italiano e intendeva sposarlo. Qualche mese dopo un tunisino di 44 anni a Comiso, Ragusa, era pronto ad assassinare la figlia sedicenne se non avesse accettato di volare in Tunisia per legarsi ad un individuo scelto dal padre. Lo scorso gennaio, a Modena, una donna di 26 anni di origine indiana e con cittadinanza italiana ha finalmente ottenuto l’annullamento del matrimonio forzato a cui era stata obbligata dalla famiglia mediante intimidazioni e percosse. Le nozze erano avvenute in India, dove la signorina era stata spedita al fine di maritarsi con quell’uomo violento e sconosciuto che si rivelò poi essere il suo nuovo aguzzino.
MERCE DI SCAMBIO
Talvolta le ragazzine vengono date in spose addirittura a 11-12 anni. Come è accaduto a Ravenna nel 2016 ad una dodicenne del Bangladesh, ceduta dal babbo per saldare un debito di 30 mila euro ad un trentenne che ha abusato di lei per anni. Come è successo lo scorso settembre a Pisa a due minori vendute ai cugini dal papà bosniaco al costo di 12 mila euro ciascuna.
Nei campi nomadi tutto questo risulta essere normale. La mancata educazione delle fanciulle, le quali spesso non hanno fatto neppure un giorno di scuola, si traduce in nozze premature nonché in una esistenza trascorsa con lo status di schiava, passando dalla mani del padre padrone a quelle del marito orco. Secondo un’indagine sulle spose bambine condotta tra il 2014 e il 2016 nella periferia della capitale su un campione di 3 mila persone distribuite in sette baraccopoli, il 77% dei matrimoni ha come sposi minorenni di età compresa tra i 16 ed i 17 anni, cifra che supera il record mondiale del Niger, che si attesta al 76%. Inoltre, nel 28% dei casi i contraenti hanno tra i 12 ed i 15 anni. Una ragazza su due convola a nozze tra i 16 ed i 17 anni e una su cinque tra i 13 e i 15.
INFANZIA NEGATA
Insomma, quando ancora dovrebbero pettinare le bambole, studiare, giocare con gli amici e dedicarsi a quelle attività tipiche dell’adolescenza, queste bambine affrontano gravidanza e parto, fanno da madri, da mogli, da badanti dei loro stessi uomini, sostenendo pesi, responsabilità e sofferenze giganti.
Una via d’uscita non esiste. Il guaio è che sovente le giovani, avendo assorbito un determinato tipo di cultura, considerano il matrimonio una tappa fondamentale della vita, per cui prima arriva e meglio è. Esso rappresenta altresì una maniera per esordire nel mondo degli adulti e fuggire da una realtà domestica fatta di violenze e soprusi. Purtroppo però il sodalizio si rivela una prosecuzione delle torture e delle angherie patite nell’originario ambito familiare.
La chiave per venire fuori da questo cortocircuito è l’istruzione. La cronaca dimostra che le ragazze che studiano si ribellano con maggiore facilità a questo genere di imposizioni. Non le accettano. Ecco perché le bambine islamiche vengono ritirate da scuola e addestrate tra le quattro mura a divenire mogli ubbidienti e sottomesse.
La libertà di un essere umano è strettamente connessa al suo grado di formazione.