Per tutta la settimana è andata avanti la campagna mediatica contro la Lega di Matteo Salvini, accusata di essere ‘ladrona’ a suon di inchieste ad orologeria che altro non sono che un’operazione di disturbo in vista delle elezioni regionali. In realtà la campagna anti-Carroccio è partita da lontano, a cominciare da quella storia dei furbetti del bonus Inps: guarda caso dopo che sono emersi i nomi dei leghisti, il caso si è improvvisamente sgonfiato e degli altri nessuno ne ha mai parlato.
Luca Palamara sa bene cos’è la giustizia ad orologeria: lui assisteva alle campagne elettorali nella cabina di regia, oggi invece – scrive Il Giornale – è diventato un bersaglio inviso alle toghe più politicizzate dopo che le intercettazioni hanno svelato la zona grigia del rapporto tra politica e magistratura.
“Anche io sto provando l’esperienza di chi si aspetta di avere un giudizio imparziale e si accorge, invece, di essere solamente in balia di un plotone di esecuzione. Alla faccia dei tempi ragionevoli del processo: mi hanno fissato dodici udienze in quindici giorni perché vogliono arrivare al verdetto prima che Davigo vada in pensione”, è stato lo sfogo di Palamara. Il quale tra l’altro aveva svelato in un’intercettazione l’intenzione della magistratura di sinistra di colpire Salvini, che ultimamente è stato messo sotto torchio tra inchieste, arresti e il ritorno mediatico della vecchia indagine sulla Russia: “Se tutto questo è la riproposizione del vecchio gioco che ora ha nel mirino la Lega? Esatto”. Una risposta breve e coincisa, quella di Palamara, che però dice tutto. liberoquotidiano.it
“Attaccate Salvini”, il Pd ordinava e Palamara eseguiva