«Sono scioccato». Il rapporto di Cristoforo Pomara, il capo ispettore intervistato dal Corriere della Sera. Addirittura…
«Io faccio il medico legale, ne ho viste di situazioni forti, diciamo così. Ma quello che sto vedendo in questi giorni mi colpisce umanamente, oltre che come medico. Se pensiamo di tenere assieme migliaia di persone come facciamo a Lampedusa e chiamare questo “accoglienza” allora abbiamo già fallito».
Cristoforo Pomara è il più giovane ordinario di Medicina legale d’Italia, dirige l’Istituto di Medicina legale di Catania ed è l’autore di un trattato di tecniche autoptiche forensi studiato in tutto il mondo. Dal 24 di agosto è anche coordinatore della task force voluta dalla Sanità della Regione Sicilia per valutare condizioni, rischi e soluzioni per i 40 fra hotspot e centri di prima accoglienza dell’isola.
Professore, finora quanti sopralluoghi avete fatto?
«Tre: Pozzallo, Ragusa e Lampedusa. Sono appena tornato da Lampedusa e ho inviato una relazione urgentissima preliminare all’assessorato regionale alla Salute».
Per dire cosa?
«Che in quell’hotspot c’è un rischio imminente e concreto di incolumità, per tutti. Per gli ospiti e per il personale delle forze dell’ordine che ci lavora, completamente scoperto dal punto di vista della sicurezza sui luoghi di lavoro».
Parla di rischio sanitario?
«Non solo. Lì dentro ci sono condizioni contrarie a tutte le regole di prevenzione delle patologie diffusive. Non soltanto Covid. Parlo di epatiti, Hiv, scabbia, tubercolosi… Provi a immaginare un incendio, qualcosa che genera una fuga di massa. Dovrebbero esserci 200 persone e invece ce ne sono 1.200, prigionieri. Secondo lei se premono tutti verso un’uscita sbarrata che succede?».