Si è tolto la vita, per un debito da 30mila euro che riusciva restituire perché gravato da tassi fino al 94% e gli usurai pochi giorni dopo il funerale hanno chiesto ai suoi familiari di continuare a corrispondere le quote tanto che la moglie del figlio ha utilizzato l’intera tredicesima per pagare. E’ uno degli elementi emersi dall’indagine che ha portato all’arresto di 17 persone, accusate a vario titolo di concorso in usura, detenzione a fini di spaccio di stupefacenti, porto abusivo d’arma da fuoco, riciclaggio e traffico internazionale di autovetture rubate.
Le indagini, durate due anni, erano partite dalla denuncia della vittima, un imprenditore nel settore dei trasporti, che perso l’unico cliente, un’importante catena di supermercati, attraverso un ex dipendente era entrato in contatto con la banda di usurai. Attraverso un’attività di intercettazione, gli investigatori sono riusciti a risalire alla banda scoprendo che i soldi ricavati dall’attività di usurai venivano reimpiegati per l’acquisto di stupefacente che veniva fornita da due fratelli legati un locale di ndrangheta.
Accanto alla droga è stato anche accertato un traffico di autovetture riciclate di elevato valore. Il 21 agosto del 2018 l’imprenditore si era recato dai carabinieri di Volpiano per denunciare i fatti e il giorno dopo si era impiccato nell’azienda. “Da questa vicenda – ha sottolineato il procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando – è emersa la solitudine delle vittime. In questo caso la risposta dello Stato c’è stata ed è stata forte con 17 misure cautelari ma riteniamo che possano esserci altre vittime di usura. Di qui l’invito a far emergere un fenomeno che si ha l’impressione che sia sempre più presente sul territorio”. ADNKRONOS