Massimo Giletti è costretto a vivere sotto scorta dei carabinieri da un paio di settimane. Un provvedimento, quello adottato dalla ministra Luciana Lamorgese, che è stato reso necessario dopo che il giornalista è stato minacciato dal boss mafioso Filippo Graviano.
“Sono molto dispiaciuto e non posso dire molto. È obbligatorio, non posso sottrarmi”, ha dichiarato al Corriere della Sera il conduttore di Non è l’Arena, che non ha evitato la polemica: “Solo noto che questo provvedimento della scorta arriva dopo che un quotidiano nazionale ha riportato le parole del libro di Lirio Abate. Perché hanno preso questo provvedimento solo dopo che la notizia è stata pubblicata da un giornale?”.
Giletti si riferisce al libro del vicedirettore dell’Espresso, che rivela l’intercettazione dello scorso 11 maggio in cui Graviano si esprimeva così su Giletti e sul magistrato Nino Di Matteo, direttamente dal carcere di massima sicurezza: “Il ministro fa il lavoro suo e loro rompono il c***”.
La “colpa” del giornalista è quella di aver fatto scrupolosamente il proprio lavoro, dedicando diverse puntate al provvedimento che aveva mandato a casa oltre 300 boss mafiosi a causa dell’emergenza coronavirus. liberoquotidiano.it
Abbiamo una stampa cosiddetta libera che “rispetta” il Governo in carica ed abbiamo messaggi minacciosi di mafiosi che hanno propri canali di diffusione. In questa situazione e difficile fare del giornalismo professionalmente serio, senza rischiare. Questa è la libertà di stampa oggi: tirare a campare, senza infastidire nessuno con inchieste scomode.