La Chiesa di Bergamo si è già islamizzata

di Rino Cammilleri –  https://lanuovabq.it

Sapete cos’è un clericale? Ve lo spiego con un esempio: se il papa è mancino, un clericale non solo si esercita a soffiarsi il naso con la mano sinistra, ma, se prete (la categoria più esposta), si adopera per aprire corsi di mancinismo nella sua parrocchia. Ebbene, per ovvi motivi diplomatici il papa manda auguri a tutti, ai buddisti per loro festa, ai musulmani, agli ebrei (ai sikh ancora no, perché sono pochi e per niente permalosi).

Seconda premessa: il beato GiovanBattista Scalabrini (1839-1905), vescovo, fu fondatore di una congregazione missionaria (scalabriniani) e delle suore di San Carlo Borromeo (altro santo per niente buonista). Missionari, dunque. Cioè, lo ricordo per gli analfabeti di ritorno, religiosi che andavano in giro per il mondo a evangelizzare. Cioè, lo ricordo ancora per gli analfabeti di ritorno, a spiegare ai terzomondiali (ma anche agli yankees protestanti) che l’unico Signore è Gesù, il quale non ha scritto libri sacri ma ha fondato una Chiesa incaricandola di tramandare i Suoi insegnamenti. Detto questo, veniamo all’oggi.

Uno Scalabrini (parente? boh), direttore dell’ufficio per il dialogo interreligioso della diocesi di Bergamo, avvisa tutti i parroci (clicca qui) che il 31 luglio ricorre una festa importantissima. Voi penserete: sant’Ignazio di Loyola. Invece no, si tratta di ‘Aid Al-Adha, la Festa del Sacrificio per i musulmani. Il «dialogo» (l’unica cosa rimasta del Concilio Vaticano II dopo mezzo secolo) impone quanto segue: «Si raccomanda di offrire sostegno ai fratelli e alle sorelle musulmani nel trovare le modalità migliori per poter celebrare questa festività». Nell’avviso ai parroci si ricorda opportunamente che detta festa rammenta il mancato sacrificio di Ismaele da parte di Abramo, cui Dio fermò la mano e fornì come vittima un montone.

Ora, poiché abbiamo seri motivi di ritenere che i parroci leggano la Bibbia solo quando la liturgia lo impone, sarebbe stato forse utile ricordare che il figlio sacrificando di Abramo era Isacco, capostipite degli ebrei, non Ismaele, capostipite degli arabi. Sarebbe bastato, per esempio, dire così: «Abramo avrebbe dovuto sacrificare Isacco, così crediamo noi cristiani e gli ebrei; invece i musulmani…». Evidentemente è troppo divisivo e poi, è bene ricordarlo, se c’è una religione diciamo così nervosa questa è l’islamismo, perciò è prudente lisciarlo per il verso  del pelo. Va bene, comprensibile, si chiama diplomazia.

Ma che significa «offrire sostegno ai fratelli e alle sorelle musulmani nel trovare le modalità migliori»? Mettere a disposizione le sale parrocchiali per lo scannamento collettivo di pecore, capre e arieti secondo le modalità halal? Ma i preti bergamaschi l’hanno mai visitato un macello di rito islamico? La bestia deve essere sgozzata, poi appesa per le zampe posteriori e lasciata a dibattersi finché il sangue non sia colato giù tutto, cosa che può richiedere un po’ di tempo. Sì, sappiamo che gli animalisti non diranno nulla, visto che sono troppo occupati a salvare l’orsa fuggiasca del Trentino, e poi sono più politicamente corretti degli ecologisti e dei Black Lives Matter.

Ora, il resto della mielosissima raccomandazione dell’ufficio ecc. ecc. lo risparmiamo al lettore, credo sia disponibile in rete per chi ama questo genere di cose (qui). La domanda, però, è: risulta da qualche parte nel mondo che musulmani così lisciati abbiano ricambiato con noi kafir? In soldoni, aprire stanze, borsa e braghe ai «fratelli» porta frutto? Scalabrini senior insegnava che l’unico frutto interessante per i cattolici è la conversione, sennò non si sarebbe dato la pena di fondare congregazioni missionarie ma avrebbe creato l’ennesimo ramo francescano.

Infine, proprio a Bergamo, epicentro italiano del Covid, bisognava triplicare l’affollamento per Aid Al-Adha aggiungendoci i cattolici dell’era Bergoglio? Magari, per una volta, bastava un telegramma di felicitazioni che invitasse, semmai, i musulmani bergamaschi a «sentirsi tutti parte di una comunità che condivide lo spirito di fratellanza umana a cui Papa Francesco si appella».