“Una latitanza così lunga come quella di Matteo Messina Denaro si può comprendere soltanto in funzione di coperture istituzionali e forse anche politiche”. Ne è convinto il consigliere del Csm Nino Di Matteo parlando, a Tg2 Post, della latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro. “E’ gravissimo che, dopo 27 anni, lo Stato non riesca ad assicurare alla giustizia un soggetto condannato tra i principali ispiratori degli attentati del ’93 di Roma, Firenze e Milano che fecero temere al presidente Ciampi che fosse in atto un golpe”, aggiunge.
“Matteo Messina Denaro è certamente custode di segreti di quel periodo, di quella campagna stragista del 1993 che lo rendono in grado ancora di esercitare un potere di ricatto nei confronti delle istituzioni“, ha detto ancora Di Matteo aggiungendo: “Ecco perché sarebbe veramente un segnale bello se finalmente venisse rintracciato, arrestato”.
“Le scarcerazioni hanno costituito un segnale devastante”. Ne è convinto Di Matteo. “Un segnale devastante da un punto di vista concreto e anche simbolico – dice il magistrato – centinaia di condannati definitivi per mafia sono tornati a casa ai domiciliari e da un punto di vista concreto perché hanno avito la possibilità di riallacciare contatti criminali e si è provocato un effetto molto pericoloso”. Per Di Matteo le scarcerazioni hanno rappresentato un segnale anche “da un punto di vista simbolico” perché “penso a come il popolo che subisce quotidianamente le violenze mafiose ha potuto interpretare il fatto che il capomafia torna a casa. Per me è il segnale di resa dello Stato“.
“Con tutto il rispetto per le pronunce delle Corti europee sul 41 bis penso che risentano di un fraintendimento di fondo. Il 41 bis non è una misura afflittiva, ma è una misura di prevenzione, per prevenire il pericolo che si perpetui quello che è sempre accaduto in passato, cioè che il capomafia detenuto continui a comandare”. Lo ha detto il consigliere del Csm Nino Di Matteo a Tg2 Post. “Probabilmente deve essere meglio applicata nei confronti di chi effettivamente comanda”, dice.
“Ho già riferito alla Commissione antimafia, ho detto anche le parole del ministro della Giustizia Bonafede che fece riferimento a ‘mancati gradimenti’ o ‘diniegh’i che erano intervenuti per la mia nomina al Dap. Bonafede dovrebbe spiegare a chi o a cosa si riferisse”, ha sottolineato ancora. ADNKRONOS