Di Antonio Gurrado – Siccome mi era venuto a noia il politicamente corretto, sono andato a leggermi l’intervista che Rolling Stone ha dedicato al progetto “Fuck the fascism”, portato avanti da un “collettivo teatral-migrante”, ovviamente “anti-colonialista, anti-razzista e anti-fascista”, che sostiene di “rafforzarsi attraverso la pornografia e il vandalismo”.
In parole povere, si tratta di persone che girano il mondo salendo sulle statue e le violentano, succhiandone le parti sporgenti o infilandosele in orifizi a scelta o masturbandocisi a cavalcioni o pisciandoci sopra oppure, se proprio non riescono ad arrampicarsi più in su del piedistallo, accoppiandosi fra di loro in due o tre o enne, nella peggiore delle ipotesi travestite da cavalli a mo’ di sottile riferimento ai monumenti equestri.
Il tutto però senza provare piacere, in quanto “non c’è posto per la gioia nei nostri corpi: ogni monumento crollato è un orgasmo per i nostri cuori insorti”. Le sostiene un cristallino ragionamento secondo cui nulla è più pornografico “della storia coloniale e capitalistica”, ragion per cui “il porno-attivismo è un’aggiunta al prodotto delle pratiche bianche coloniali tuttora in vigore”; i membri del collettivo sono “il risultato di uno stupro sistematico perpetrato dall’uomo bianco” e nelle loro vene “scorre il sangue della terra stuprata che non avrà mai giustizia”. Certo, la loro attività fa venire meno certezze tipicamente incardinate nella mentalità occidentale, come ad esempio il principio di non contraddizione. […]
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