Di Alessandra Benignetti – L’indennità messa a disposizione dal Land di Berlino non basta. Troppo poco e troppo tardi secondo Marco, Sven e le altre vittime di abusi sessuali andati avanti per oltre 30 anni con il benestare delle istituzioni pubbliche. “Le nostre vite sono state rovinate“, dice Marco alla Deutsche Welle. È stato uno dei bimbi orfani e senza fissa dimora reclutati dal professore universitario e psicologo Helmut Kentler. A partire dal 1969 diede vita ad un esperimento per la “liberazione sessuale dei bambini”. È così che decine di bimbi e adolescenti di Berlino Ovest vennero affidati a pedofili con la complicità delle istituzioni.
Kentler stesso, secondo quanto emerge da uno studio dell’università di Hildesheim, pubblicato la scorsa settimana, si vantava di essere riuscito ad “ottenere il supporto del responsabile delle autorità locali”. I falsi genitori affidatari, secondo la stessa relazione, erano “uomini influenti appartenenti al mondo accademico, alle organizzazioni di ricerca e ad altri contesti legati al mondo dell’educazione“. Nessuno è stato mai arrestato né processato, compreso Kentler, morto nel 2008.
Le istituzioni del Land di Berlino hanno chiuso un occhio per oltre 30 anni. Anzi, i pedofili divenuti genitori adottivi dei bambini, nonostante alcuni di loro fossero già stati condannati per abusi sessuali, ricevevano anche le indennità statali. Dall’inchiesta dell’ateneo, che si basa sulle testimonianze di decine di vittime, è emersa una vera e propria “rete” che comprendeva anche l’ufficio statale per la tutela dei minori e il senato di Berlino, “in cui la pedofilia era accettata, supportata e difesa”.
Le radici delle teorie di Kentler affondano nello spirito del ‘68. Lo studioso voleva spingere la rivoluzione sessuale ad un livello ulteriore. Era convinto che “il contatto sessuale fra adulti e bambini fosse innocuo” e che i minori avessero il “diritto di esprimere la propria sessualità”. Oggi, scrivono i giornali tedeschi, “è chiaro che non fosse altro che un procacciatore di bambini per i pedofili”, ma all’epoca le sue idee facevano breccia in Germania.
Tanti, nel mondo accademico, lo consideravano un “visionario”, uno dei “più eminenti sessuologi tedeschi”. Scrisse libri, era spesso ospite in tv e sulle radio. Nel frattempo gli abusi iniziavano a diventare sistematici non solo all’interno della rete del “progetto Kentler”, ma anche in una delle scuole più progressiste della Germania Ovest: la Odenwald, in Assia, dove più di 900 studenti furono vittime di abusi sessuali dal ’66 all’89. Anche in questo caso era stato l’ufficio per la tutela dei minori a spedire i “ragazzi difficili” nei luoghi dove sarebbero stati vittime di abusi.
Le vittime iniziano a parlare qualche anno fa. Raccontano le loro storie ai ricercatori dell’università di Hildesheim, incaricati dal Senato di Berlino, che non hanno avuto difficoltà a ricostruire la rete degli orchi. Sandra Scheeres, senatrice del Land responsabile per il caso Kentler ha definito i crimini di quegli anni “semplicemente inimmaginabili”, scusandosi con le vittime a nome delle istituzioni. Oltre il danno, però, denuncia chi negli anni è stato sottoposto alle violenze più brutali, c’è anche la beffa.
I crimini sono stati prescritti e la maggior parte delle persone coinvolte sono morte. Un uomo sospettato di far parte della rete, l’ex capo di un ufficio per la tutela dei minori è ancora vivo. Ma contro di lui, accusa Marco, che quando è stato affidato ad uno dei pedofili aveva solo nove anni, non è stato fatto nulla. Neanche un processo. “Non vogliono che escano i nomi dei responsabili, vogliono difendere il sistema e hanno raggiunto il risultato”, denuncia la vittima, oggi quarantenne, alla Deutsche Welle. “È una cosa che non si supera mai veramente”, commenta Sven. Il suo genitore affidatario era Fritz H., che ha continuato a ricevere bimbi in affidamento fino al 2003. Gli furono portati in tutto dieci ragazzi, a partire dal ’73. Ora che sono diventati uomini vogliono giustizia.