Università italiane offrono ‘corridoi di studio’ per rifugiati

ROMA, 15 GIU – Undici università italiane si uniscono per lanciare ‘corridoi’ universitari e offrire a studenti rifugiati provenienti da Paesi in guerra o colpite da calamità la possibilità di continuare il loro percorso accademico in Italia. Lo annuncia in una nota l’Unhcr, che ha siglato allo scopo un protocollo con gli atenei, il ministero degli Esteri, Caritas Italiana, Diaconia Valdese e Gandhi Charity.

Tra i primi a beneficiare del progetto, in realtà un proseguimento del progetto pilota partito nel 2019 con la partecipazione di due università e sei studenti, saranno 20 studenti rifugiati che si trovano attualmente in Etiopia, ai quali sarà assicurato il supporto necessario per frequentare un programma di laurea magistrale della durata di due anni e per integrarsi nella vita universitaria.

Al progetto, denominato University Corridors for Refugees (UNI-CO-RE), aderiscono gli atenei dell’Aquila, Bologna, Cagliari, Firenze, Milano, Padova, Perugia, Pisa, Sassari, la Iuav di Venezia, e la Luiss. “Nel mondo ancora troppi rifugiati non hanno accesso all’istruzione”, ha dichiarato Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “A livello di istruzione superiore la situazione è drammatica: solo il 3 per cento riesce ad accedere contro il 37 per cento della media globale. Grazie all’impegno delle università coinvolte, progetti come UNI-CO-RE non solo permettono ai rifugiati di arrivare in maniera sicura in Italia per sviluppare il loro talento, contribuendo alla comunità locale, ma riaccendono la speranza in milioni di bambini e ragazzi attualmente in esilio a causa di guerre e persecuzioni”.

Gli studenti saranno selezionati sulla base del merito, attraverso un bando pubblico e da comitati di esperti individuati da ciascuna università. Entro il 2030 l’UNHCR si pone l’obiettivo di raggiungere un tasso di iscrizione del 15% a programmi di istruzione superiore per i rifugiati in Paesi d’accoglienza e Paesi terzi anche attraverso l’ampliamento di vie di accesso sicure che tengano in considerazione i bisogni specifici e le legittime aspirazioni dei rifugiati.(ANSAmed).

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