Di Antonio Rapisarda – – In questa caccia su scala mondiale alle “statue” – versione 2.0 dell’Inquisizione in salsa progressista, ridestata dal movimento Black lives matter – non potevano non approfittarne per tornare alla carica anche i secessionisti sud-tirolesi. Se nel Mezzogiorno, come abbiamo raccontato su Libero, ad essere presi di mira sono i busti di Giuseppe Garibaldi, accusato di essere stato un «mercenario terrorista» anti-meridionale, nell’estremo Nord a finire nel mirino degli iconoclasti, per l’ennesima volta, è il monumento degli Alpini di Brunico: uno dei simboli dell’italianità della regione, costruito nel 1938 per ricordare il ruolo del corpo dell’esercito nella guerra d’Etiopia e più volte vittima di attentati, sfregi e richieste di rimozione.
L’accusa di queste ore? In parallelo con il fanatismo anti-razzista che sta andando in scena dagli Usa alla Gran Bretagna dopo l’omicidio George Floyd, il monumento – anche nella sua ultima “versione” dedicata semplicemente alla memoria di tutti gli alpini – è indicato arbitrariamente dai secessionisti come un inno razzista e colonialista. «Anche in Alto Adige ci sono numerosi monumenti e nomi di strade e caserme che ricordano l’oppressione e l’assassinio della popolazione africana nera in Etiopia. Tra questi ci sono cimeli fascisti come il rilievo di Mussolini a Bolzano e il monumento agli Alpini a Brunico». La proposta? «Rimuovere finalmente tali glorificazioni scolpite nella pietra». Queste le parole dei membri del Süd-Tiroler Freiheit – il partito radicale che rivendica la libertà del Sud-Tirolo dall’Italia– che esprimono così il loro principio di “rivalutazione storica”: la scusa, cioè, con cui in mezzo mondo sta andando avanti la crociata politicamente corretta contro la storia.
ESCALATION
Nella proposta di risoluzione al consiglio provinciale di Bolzano, il partito fondato da Eva Klotz chiede non solo la dismissione del monumento agli Alpini a Brunico ma – come già avvenuto più volte in questi ultimi anni con la toponomastica delle montagne e delle località – anche la rimozione dei nomi di strade e caserme che sono associati al Ventennio fascista o semplicemente all’Italia. Si tratta di un’escalation a tutti gli effetti: per far capire il “clima” che si respira in Alto Adige, solo qualche giorno fa, proprio alla vigilia della festa della Repubblica del 2 giugno, ci avevano pensato gli schützen ad esempio a spostare provocatoriamente il confine dell’Italia a Sud al motto di «l’Italia non fa bene all’Alto Adige. L’Italia è un danno per tutte le persone che ci vivono».
La risposta della destra altoatesina in difesa del monumento agli Alpini e non solo non si è fatta attendere. «È pura demenza solo avvicinare l’idea pura di pace degli alpini al razzismo», sbotta Alessandro Urzì, consigliere regionale di Fratelli d’Italia che da parte sua definisce i secessionisti tirolesi «i talebani di casa nostra che cercano pateticamente di sfruttare l’onda innescata dalle proteste per la morte di George Floyd». Secondo il consigliere di FdI la richiesta di rimozione del monumento all’alpino è una speculazione, un’offesa al valore delle Penne nere: «La storia non si modifica a colpi di piccone – continua -. Con questo e con la dinamite ci hanno provato a cambiarla i terroristi e gli islamisti». Proprio per questo l’assimilazione alpini-razzismo viene rispedita al mittente: «Non ci provino a speculare accostando l’Italia e gli italiani al razzismo. Si facciano un serio esame di coscienza sulla loro vocazione all’insulto dei simboli e dell’identità italiana: questo sì che è razzismo».
Se in Alto Adige la questione Floyd viene utilizzata per riattivare la propaganda anti-nazionale, a Londra gli identitari iniziano ad organizzarsi a difesa delle statue dall’attacco degli anti-razzisti. È successo ieri quando gruppi nazionalisti e diversi tifosi delle squadre di calcio londinesi si sono riuniti nelle strade – al Cenotafio a Whiteall come davanti la statua di Winston Churchill in Parliament Square – a protezione dei simboli della propria storia nazionale.