di Danilo Stentella – – Carissimo Presidente Conte, la voglio ringraziare per come ha onorato il suo ruolo istituzionale, nel momento di una inattesa difficoltà per il Paese, una situazione che ha ormai innescato una crisi della quale non credo sia possibile immaginare con precisione le dimensioni. Non avrei voluto trovarmi al suo posto, decidere per una nazione quale avrebbe potuto essere la migliore strategia, nemmeno con tutti i consulenti che si dice la supportino nel suo lavoro, e per contro con tutti gli esperti di calcio che, giocoforza momentaneamente disoccupati, sono diventati specialisti in biologia e medicina e hanno enfatizzato una serie di errori che a loro “modesto” parere sarebbero stati compiuti.
Come ciascuno di noi sono rattristato dal numero di morti che questo aggressivo virus ha provocato, ancor di più perché si è portato via anche persone a me particolarmente care. Tuttavia, essendo un incurabile ottimista mi capita anche di vedere il lato migliore delle cose, anche di quelle più spiacevoli, anche quando il lato migliore è qualcosa di paradossale. Paradossalmente il lato migliore di questa pandemia è che il Governo è caduto nella trappola del DPCM, acronimo il cui significato è diventato chiarissimo anche ai non giuristi, mentre i giuristi lo hanno criticato e declassato a mero atto amministrativo, che a loro dire sarebbe stato addirittura ampiamente abusato, pure a sproposito.
Ma dove sta il particolare che ha stuzzicato la mia attenzione?
L’avere utilizzato in modo seriale lo strumento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ha procurato un alibi straordinario al potere legislativo, il Parlamento, perché se di fronte a un evento così eccezionale e di dimensioni anch’esse eccezionali non si è fatto svolgere il proprio dovere all’istituzione deputata dalla nostra bella Costituzione al compito di fare le leggi si è giustificata quella istituzione per tutte le volte che non ha adottato provvedimenti idonei a salvare altrettante vite umane e le economie del Paese, magari con provvedimenti eccezionali ma risolutivi, come questa volta.
Quali sarebbero gli eventi di importanza paragonabile con la tragedia del Covid 19?
Solo qualcuno tra i più emblematici: l’infezione delle mafie, che provoca ogni anno migliaia di morti, diretti e indiretti, e danni economici al paese di valore quasi incalcolabile; la schizofrenia dei tagli al servizio sanitario nazionale; la sindrome della precarizzazione del lavoro, che sta preparando almeno una generazione di poveri, privi di tutele previdenziali; la peste delle privatizzazioni, che ha depredato il popolo italiano di un patrimonio faticosamente accumulato dai padri; l’insetto parassita dell’incompetenza, che depone nei posti chiave di tante istituzioni le larve dei raccomandati e consente di eleggere in Parlamento anche chi di diritto non sa assolutamente nulla (sfortunatamente in quel posto si fa un prodotto solo, la legge), ecc…
I soli morti o gli inabili per droga, da tanti decenni, sono una cifra talmente grande che avrebbe dovuto spingere all’adozione di provvedimenti eccezionali e di una legislazione eccezionale, come si fece ai tempi delle Brigate Rosse. I nostri spazi pubblici sono letteralmente profanati da immigrati clandestini che spacciano di tutto, ma nulla di eccezionale è stato fatto per questo problemino, e nemmeno per la gigantesca e insensata ondata di immigrazione che prima o poi ci presenterà chissà quale conto sociale.
Se il popolo troverà la voglia di riflettere su quanto sta succedendo il popolo provocherà quel cambiamento che i “politicanti” non possono realizzare, e alla attuale classe dirigente capiterà quello che accadde agli stati liberali che scatenando la prima guerra mondiale innescarono anche l’eutanasia del loro sistema, che credeva nella bassa intensità di partecipazione dello Stato nella vita dei propri cittadini, lo stesso credo che negli ultimi 25 anni ha predicato i tagli alla spesa pubblica e la progressiva privatizzazione di una serie di servizi sociali che erano stati una faticosa conquista dei nostri padri e nonni.
Nitti scriveva profeticamente nel 1903 “Se ovunque lo Stato aumenta le sue spese, vuol dire che questo fatto non ha nulla di arbitrario; sono piuttosto arbitrarie tutte le teorie che vorrebbero ridurne le attribuzioni … Quando fosse generalmente costatato che lo Stato, dovunque e sotto i più diversi regini di politica, tende ad assumere alcune funzioni … si sarebbe bene autorizzati a considerare questa tendenza come legge sociale”. Nitti abbaiava alla luna, la sua lezione non fu colta.
Ci riprova il Premio Nobel Joseph Stiglitz, che nei giorni scorsi ha detto “Da questa epidemia possiamo imparare l’importanza della scienza, il ruolo strategico del settore pubblico e la necessità di azioni collettive”.
Il primo compito di un Presidente del Consiglio dei Ministri è nascondere le crepe. Buona stuccatura Presidente”.