BARI, 12 MAG – Per terrorismo internazionale il gup di Bari ha condannato a 8 anni e 8 mesi il 22enne somalo Mohsin Ibrahim Omar. L’imputato era stato fermato a Bari nel dicembre 2018. Secondo la Digos barese, in passato aveva avuto contatti con i terroristi di Al-Shabaab, la stessa organizzazione che ha tenuto prigioniera Silvia Romano.
Omar, noto come Anas Khalil, è ritenuto dalle agenzie per la sicurezza Aisi e Aise come affiliato al Daesh (Isis) in Somalia e in contatto con una sua cellula operativa. Sui social, in particolare Facebook, il giovane aveva diffuso foto e post di “esaltazione al martirio” e sono stati raccolti elementi relativi all’attività di “intenso indottrinamento su un altro straniero in corso di identificazione, al quale – dicono gli investigatori – impartiva vere e proprie istruzioni teorico-operative sul concetto di Jihad armato”.
Attacco a San Pietro il giorno di Natale – “Il 25 dicembre adesso è ravvicinato”. “Il 25 è Natale…dei cristiani…le chiese sono piene”: sono questi i particolari che emergono dalle intercettazioni riportate negli atti giudiziari che avevano portato d’urgenza del 20enne somalo che progettava di mettere “le bombe a tutte le chiese d’Italia”, a cominciare da quella “più grande”, la Basilica di San Pietro a Roma. E progettava di farlo in occasione del Natale.
Le intercettazioni – Gli inquirenti della Dda di Bari hanno ricostruito l’intenzione di Anas Khalil di recarsi a Roma per Natale da alcune intercettazioni captate tra il primo e il 9 dicembre. “Mamma mia…ecco la Chiesa”, dice il somalo aprendo “con ogni probabilità sul display del proprio smartphone la foto di San Pietro”. “Però non è facile – gli risponde il suo interlocutore – sai com’è là il 24 e il 25 a Natale, che sta Papa, e tanta gente, è pieno pieno pieno”. “È buono – dice il 20enne somalo – persone…pericolose, è buonissimo”.
L’intenzione di andare a Roma – Il primo dicembre il 20enne “comincia a ragionare di progettualità operative” e già il giorno dopo si informa sulla distanza tra Bari e Roma e sugli eventuali mezzi di trasporto per raggiungere la Capitale. Nella conferenza stampa gli inquirenti hanno riferito di una ulteriore conversazione intercettata il 9 dicembre, in cui l’indagato pronuncia la data del 27, senza tuttavia specificare il mese. Proprio questo li ha convinti che “non c’era più motivo di aspettare”.