di Ornella Mariani
La funzione sostanziale del Governo sta nel rievocare il Circo: con i suoi Funamboli; i suoi Giocolieri; le sue ballerine e i suoi Clown.
Se Quelli erano, tuttavia, Artisti rispettabili che accompagnavano la nostra infanzia, Questi sono degli incommentabili Buffoni.
Conte: tacendo ormai ad oltranza sul MES, sulla “sorveglianza rafforzata” esercitata dalla Troika e sulla insufficienza degli strumenti alternativi invocati: Recovery Fund e Corona-bonds; eludendo le conseguenze della evaporazione dei trentasei miliardi di spese connesse all’emergenza sanitaria, nella ormai acclarata incapacità di dare contenuti al ruolo; riducendo gli annunciati interventi di sostegno al suggerimento di rivolgersi alle Banche, coniuga la millantata “…potenza economica di fuoco mai vista prima…” – e, infatti, non s’è vista!-, con l’uso sistematico del tempo verbale futuro: “…faremo… destineremo…daremo…” miliardi giusti a riempirgli la bocca, ma non le tasche né lo stomaco degli Italiani e a confermare le sistematiche menzogne delle “nuove forme di protezione sociale” e dei “meccanismi di erogazione rapidi ed efficaci”;
Bellanova: minacciando dimissioni ed esigendo la regolarizzazione di ben seicentomila Clandestini, certa di poter significare altro che un variopinto rivestimento, precisa: “…non sono qui per fare tappezzeria…”;
Borrelli: limitandosi al solo rispetto del distanziamento sociale, non usa le irreperibili mascherine a noi imposte, mentre Speranza stigmatizza chi non le indossi;
Arcuri: favoleggiandone la distribuzione di quaranta milioni, ne apre l’asta invece di frequentare una scuola di dizione o di farsi doppiare;
Colao: facendo mostra di una impressionante genialità, suggerisce di dotarci di bicicletta.
Il campionario si arricchisce di un livido Burioni.
Ha dovuto, infatti, incassare il deciso uppercut del Prof. Giuseppe De Donno le cui parole pesano come pietre: “… Forse il prof. non sa cosa è il test di neutralizzazione. Forse non conosce le metodiche di controllo del plasma…”
Stato e Pezzi di Taske Force strapagate per esprimere il nulla riscuotono lo stesso credito dello squalificato Esercito di Bokassa e, lungi dal compiacersi per i risultati conseguiti, non hanno trasmesso il benché minimo segnale di apprezzamento al Medico mantovano il cui studio è il primo al mondo e la cui competenza è stata appena confermata da diciotto proposte di ingaggio di accreditati Istituti internazionali di Ricerca.
Dulcis in fundo: Bonafede!
Ovvero, l’ex D. J. Fefè la cui immagine di Ministro della Giustizia gareggia: per capacità, stile, cultura ed eleganza, con quella del Ministro degli Esteri ex Bibitaro e con quella del Portavoce di Palazzo Chigi ex Vedette del Grande Fratello.
A tenere banco, infatti, è lo scontro esploso col Giudice Di Matteo che, con un paio di incomprensibili anni di ritardo, il 3 maggio scorso in una diretta televisiva ha lamentato di “… essere stato trattato in modo non consono…” alla sua dignità professionale e si è detto “…preoccupato per un ministro che in un momento così delicato…“ revoca la propria decisione.
Quale decisione?
Nel 2018 il Guardasigilli gli offrì la direzione del DAP ma, imprevedibilmente e prima ancora che Egli sciogliesse la riserva, gli comunicò di aver già optato per un Altro.
Quali condizionamenti indussero Fefè ad un atto brutale quanto ingiustificato?
Perché Di Matteo ha impiegato due anni per contestargli di aver ceduto alle pressioni di Capomafia, come avvalorerebbero commenti e intercettazioni dei Boss Giuseppe Graviano, Ferdinando Autore, Carmelo Dominante e Carmelo Lupo cui il Giudice era sgradito?
Quali connessioni saldano tali eventi alla rimessa in libertà di efferati Criminali, sottoposti a 41bis e a regime di A.S.?
Perché i Laici eletti dal M5S a Palazzo dei Marescialli: Alberto Benedetti, Filippo Donati e Fulvio Gigliotti, hanno pubblicato una nota di invito “… I consiglieri dovrebbero più di chiunque altro osservare continenza e cautela nell’esprimere le proprie opinioni, proprio per evitare di alimentare speculazioni e strumentalizzazioni…”, così implicando che il Di Matteo abbia difettato dell’una e dell’altra a vantaggio di una tensione strumentale?
Perché nessun Magistrato ha dato corso alla obbligatorietà dell’azione penale?
Bonafede ha negato qualsiasi tipo di interferenza sulla scelta operata; si è detto “esterrefatto” e ha ricondotto le affermazioni del Magistrato a “…sole percezioni…”, liquidandolo sostanzialmente come un Visionario preda di suggestioni e concludendo con un ”…Rivendico la discrezionalità della mia decisione…”, confondendo discrezionalità e abuso e arbitrio.
E siamo a fronte dell’ennesima verità negata, in quello che è uno scandalo di enorme portata.
Sta di fatto che Di Matteo, da tempo convinto dell’esistenza della collusione di ampi Segmenti politici con Associazioni mafiose, avrebbe dovuto deontologicamente e coerentemente ed indipendentemente dal personale coinvolgimento, andarci più a fondo fin da subito.
Sta di fatto che l’offerta: revocata prima dell’essere accettata, era comunque mossa da un criterio di selezione viziata se è vera, come pare, la manifesta propensione del Magistrato per i Pentastellati e se è vero, come è vero, l’avere avuto Fefè come allievo all’Università.
Sta di fatto che sconcerta la aperta simpatia di un Uomo di Cultura e di prestigio, per una formazione pseudopolitica priva di qualsivoglia background ideologico ed intellettuale.
Sta di fatto che nel pronunciare tali parole in un convegno studentesco alla Camera: “…Giovanni Falcone in vita venne continuamente delegittimato, calunniato, anche da chi oggi finge senza pudore di onorarne la memoria…. C’è una verità che va completata…. molti uomini di mafia hanno partecipato a quella strage ma emerge la possibilità – dagli atti e da quanto detto e scritto – che altri estranei a Cosa nostra abbiano partecipato a ideare, organizzare e perfino eseguire l’attentato a Capaci… Il processo sulla Trattativa attesta che … c’erano parti delle istituzioni che andavano a chiedere a Riina cosa volesse in cambio per una cessazione dell’attacco allo stato…”, anche Di Matteo ha cavalcato quella reticenza imputabile a qualsiasi altro Cittadino: sarebbe ora di sapere, se le sue furono certezze mai rivelate o solo congetture e/o ancora ed anche allora “percezioni”; sarebbe ora di completare quella verità; sarebbe ora di conoscere l’identità di quegli “Estranei a Cosa nostra” impegnati in quel mostruoso crimine; sarebbe ora di rivelare quali furono e ancora sono quelle “parti di Istituzioni che andavano a chiedere a Riina cosa volesse in cambio, per una cessazione dell’attacco allo Stato”.
Sta di fatto che imperversa ovunque il canone della Morale a due velocità e della trasversalità del linguaggio: strumento variamente prestato all’avvertimento o al negoziato.
Sta di fatto che al Giudice avrebbe dovuto esser noto come anche l’ignoranza, quando diventi tracotante e spavalda, può degenerare in colpa e, questa volta, con dolo: distinguo sconosciuto al Guardasigilli contro il quale vi fu, in proposito, una dura levata di scudi dell’ Avvocatura.
E questa vicenda dovrebbe fargli comprendere, per una volta a parti invertite, quanto sia frustrante essere un Quisque de Populo e subire le unilateralità di una Magistratura che apre inchieste “a discrezione” e quanto sia indecoroso accettarne un Referente privo della dignità di dimettersi e sparire.
Avrebbe fondamento, peraltro, anche capire a che titolo il Tribuno pugliese, svilendo la parola e l’onore del Magistrato, abbia confermato “piena fiducia” nell’operato di un Ministro a dir poco imbarazzante, già solo per la incompetenza giuridica.
In questo Paese, dominato da una Maggioranza screditata e da una Opposizione ridotta all’esclusivo ruolo di Minoranza funzionale al Sistema, sarebbe davvero ora di condurre DISINTERESSATE operazioni di verità e, nella circostanza de quo, di accertare la legalità dell’operato di Bonafede, ma anche il senso del lungo ed infruttuoso silenzio di Di Matteo.