Nei mesi di marzo e aprile sono centinaia i detenuti mandati a casa per motivi di salute. Il ministro Bonafede: verifiche sui domiciliari già concessi e quelli futuri
LIANA MILELLA e SALVO PALAZZOLO per Repubblica.it – ROMA – Sul tavolo del Guardasigilli Alfonso Bonafede c’è una lista con un numero – 376 – che crea allarme. Perché nell’elenco figurano i nomi di boss del rango di Zagaria, Bonura, Iannazzo e Sudato, messi agli arresti domiciliari dai giudici per l’emergenza virus. Ma anche quelli di altri 372 oggi ex detenuti comunque legati alle cosche e operativi sul piano criminale, visto che nessuno di loro risulta essersi dissociato.
La lista è stata inviata tre giorni fa dal Dipartimento delle carceri alla commissione parlamentare Antimafia, che l’aveva espressamente richiesta, e che adesso fa capire la fretta di Bonafede nel nominare i nuovi vertici delle prigioni italiane. E spiega perché di sabato il ministro ha immediatamente fatto insediare al Dap il vice capo Roberto Tartaglia e ha comunicato alla maggioranza il nome di Dino Petralia come nuovo direttore. Entrambi magistrati antimafia.
Quei nomi sono in cima alla lista. Ma ora il monitoraggio ne aggiunge un altro, l’ergastolano Antonino Sudato, detenuto nel reparto più rigido della cosiddetta Alta sicurezza, quella etichettata con il numero 1. Nessun domiciliare per l’Alta sicurezza 2, dove sono reclusi i terroristi. Tutti gli altri scarcerati erano nell’Alta sicurezza 3, il circuito che ospita l’esercito di mafie e gang della droga, 9.000 detenuti in totale. Circa 200 dei 376 complessivi sono comunque ancora in attesa di giudizio, e su questi il ministero della Giustizia non ha alcuna competenza.
Per tutti, hanno comunque pesato le condizioni di salute precarie attestate da certificati e perizie. E il fatto che il Dap non sia riuscito ad attrezzare soluzioni alternative agli arresti domiciliari, per esempio nei centri medici penitenziari, come quelli di Roma, Viterbo, Milano. Così era stato chiesto dal tribunale di sorveglianza di Sassari per Zagaria, ma la risposta del Dap, sollecitata più volte, è arrivata solo il giorno dopo il provvedimento dei giudici che lo avevano già mandato a Brescia dalla moglie.
A preoccupare le procure antimafia è soprattutto il ritorno dei mafiosi nei loro territori. “Gli arresti domiciliari sono assolutamente inidonei per soggetti ad alta pericolosità” ribadiscono i pm della Dda di Palermo, ricordando che comunicano spesso anche dal carcere, figurarsi da casa. E per le forze dell’ordine scatta un superlavoro per controllare tutti i mafiosi ai domiciliari, per accertarsi che rispettino l’obbligo di non incontrare o telefonare a nessuno.